Tra gli argomenti più interessanti per le persone che in diversi modi si occupano di innovazione, sia essa organizzativa, tecnologica o in ambito artistico, vi è come gestire il momento in cui hanno idee. A tal proposito, uno dei timori che hanno è quello che vengano loro sottratte le idee. Anche io più volte mi sono trovato a pormi questa domanda e per anni ho alzato in maniera importante un muro di riservatezza sui contenuti che studiavamo in Accademia e che poi si declinavano in ambito della consulenza negoziale.



Poi mi sono imbattuto in una serie di persone che mi hanno fatto cambiare idea, tra cui Seth Godin, famoso esperto di marketing che mi ha conquistato con la metafora dello spedire. Lui, infatti, paragona le idee a delle spedizioni: spendendole – e quindi comunicandole – agli altri c’è il rischio che possano andare perse o arrivare depotenziate; tuttavia, questo è l’unico modo per rendere nota un’idea e, quindi, verificarne la reale potenza. Tale riflessione mi ha permesso di vedere le idee non come tesori da sotterrare, ma come missive da spedire cosicché possano arrivare e portare valore ai destinatari.



Un altro aspetto che mi ha colpito è quello utilizzato da alcune società di campagne pubblicitarie, in particolare una storia chiamata TBWA/Chiat/Day, in cui vige la seguente regola: quando uno ha un’idea, la scrive su un biglietto di carta con il proprio nome e la appende al muro. Tutte le persone che fanno parte della società possono commentare quell’idea e aggiungere delle note che la avvallano oppure degli spunti di miglioramento. Soltanto attraverso i feedback, infatti, un’idea può diventare veramente realtà assumere consistenza.

Un’iniziativa simile porta con sé un bassissimo livello di timore che la propria idea possa essere trafugata, grazie alla presenza del proprio nome sul bigliettino che fa sì che tutti sappiano a chi appartiene quell’idea originale. Se tutte le persone iniziassero a fare questo tipo di attività, ovvero scrivere le idee sul muro e commentarle, si creerebbe una dinamica dove l’obiettivo non sarebbe “rubare” le idee degli altri, ma concentrarsi sul dar loro valore in modo che questi, tramite i feedback ricevuti, diano valore a chi li ha scritti. Ciò stimola al miglioramento delle idee, che è la cosa più importante.



Un altro aspetto importante mi è stato insegnato dall’HR Director di una farmaceutica con cui ho lavorato anni fa. Lei mi suggerì di scrivere dei libri per divulgare quanto le avevo insegnato durante i One to One e io le risposi che avevo il timore che le mie idee venissero in un certo qual modo copiate. Lei “mi stese” letteralmente dicendomi: «Un grande chef non deve aver paura di scrivere libri di ricette perché così divulga il suo sapere. Anche se una persona leggesse quei libri, saprebbe benissimo che se volesse fare un’esperienza unica dovrebbe andare nel ristorante di quello chef».

Queste parole mi hanno offerto un grandissimo spunto di riflessione e mi hanno fatto capire che scrivendo un libro io avrei potuto arricchirmi con i feedback delle persone – che nel tempo sono stati moltissimi – e, allo stesso tempo, che non avrei perso nulla, perché chi avrebbe voluto formarsi davvero e fare un One to One sarebbe comunque venuto in Accademia e non si sarebbe mai illuso che sarebbe bastato un testo per arrivare a certi risultati. È talmente vera questa cosa che a oggi ho scritto una decina di libri.

Conviene, quindi, a tutti quelli che hanno idee divulgarle con lo spirito sano di richiedere feedback in modo tale da mettere alla prova idee e riflessioni dando a queste l’opportunità di crescere. In fondo, vale la famosa morale per cui se una persona si incontra con un’altra e si scambia con questa una mela, entrambe torneranno a casa con una mela, ma se si scambiano un’idea, torneranno a casa con due idee.

Il suggerimento è, quindi, di esplicitare e comunicare le proprie idee, perché c’è bisogno di innovare il mondo di tante singole idee e che queste possano progredire e concretizzarsi attraverso dialoghi sani.

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