Il tema della gestione delle obiezioni è da sempre uno dei più gettonati in tutti i corsi di vendita. Appare chiaro a tutti che conoscere il modo in cui superare le reticenze dei possibili compratori sia fondamentale per concludere una vendita e assicurarsi il guadagno. A tal proposito ho constatato, con uno stupore sempre maggiore, il numero impressionante di persone sul mercato che crea strategie sempre più contorte e manipolatorie, illudendosi di poter annullare ogni dubbio espresso dal proprio interlocutore. Tuttavia, il problema di fondo che caratterizza tutte queste pseudo-tecniche è che la trattativa di vendita viene considerata come una partita a tennis, durante la quale bisogna a tutti i costi buttare la palla dall’altra parte del campo per assicurarsi la vittoria. Sulla base di questo presupposto, vengono insegnate delle tecniche come le seguenti:



1) Dimostrarsi stupito quando una persona dice la famosa frase “è troppo caro”.

2) Rimodulare l’espressione linguistica sentita rendendola meno grave, passando quindi, ad esempio, dal sentirsi dire “è troppo caro” al domandare “come mai lo reputa costoso?”

Come anticipato, ne esistono a decine di tecniche simili, ma non è questa la sede in cui discuterne. Vorrei invece invitare a considerare le obiezioni con la stessa ottica con cui le vede un negoziatore. 



In una negoziazione, infatti, qualunque tipo di obiezione mi possa trovare di fronte non è da me considerata come un muro da scavalcare o peggio ancora da aggirare, quanto piuttosto una porta attraverso cui devo passare per poter comprendere sempre meglio gli interessi del mio interlocutore, per poi negoziare una soluzione creativa che possa soddisfare al massimo grado sia i miei che i suoi obiettivi.

La controparte percepisce quando viene adottato questo tipo di approccio, tecnicamente definito integrativo, ed è disposta a scoprirsi rivelando spesso anche informazioni preziose e personali sul proprio business e su di sé. Ciò avviene perché intuisce che i propri problemi e le preoccupazioni sono presi sul serio e considerati all’interno della trattativa. Come sempre, due esempi permetteranno di rendere più concreta questa riflessione.



Ho frequentato un master rivelatosi disastroso a causa della scarsa qualità dei contenuti proposti e della modalità di erogazione dei corsi. Quando la classe, collettivamente, ha fornito un elenco di oltre 10 sevizi ritenuti insufficienti, l’organizzatore del corso ha risposto a tutti con una email di pura retorica, la quale smontava (apparentemente!) tutte le nostre obiezioni. Poiché nessuno di noi ha poi controreplicato, egli ha pensato erroneamente di aver gestito in maniera efficace le nostre obiezioni. Peccato che non sia così. La verità infatti, è che, da quel momento in poi, tutta la classe non ha più reputato quella persona un serio interlocutore, non ha più desiderato interagirci e infine si è assicurata di procurare la peggior pubblicità possibile sia a lui che al corso.

Il secondo esempio riguarda, invece, l’occasione in cui ho applicato personalmente l’approccio proposto precedentemente in questo articolo. Durante una recente negoziazione mi sono trovato di fronte a un contratto molto distante, per contenuti, da quello che il cliente che rappresentavo si era prospettato di ricevere. Tuttavia, piuttosto che rispondere immediatamente a tono, ho proposto di incontrare di persona la controparte, passando oltre un’ora a cercare di capire quali fossero le sue reali intenzioni, i suoi interessi e soprattutto le sue necessità. Non è stato poi così difficile individuare una nuova modalità di collaborazione tra lui e il mio cliente, che, paradossalmente, ha poi portato vantaggi maggiori rispetto a quelli concordati nella prima bozza di contratto.

In sintesi, far sperimentare all’altro che le sue obiezioni sono considerate da voi importanti, permette, pur attraverso una trattativa serrata, di ricordare che i soldi si fanno sui clienti che tornano. Quindi, se si continuano a trattare le obiezioni e i clienti stessi come muri da scansare, si vinceranno probabilmente tutte le partite sotto l’aspetto retorico, ma alla lunga si perderà la guerra perché nessuno vorrà avere a che fare con questo modo di impostare la trattativa.