Due temi importanti quando mi occupo di negoziazione sono quello classico del prezzo e quello della gestione o preoccupazione dei competitor. Tecnicamente, i due temi sono abbastanza intrecciati, ma stranamente ci sono molti più articoli e riflessioni su come gestire le obiezioni sul prezzo che non su come gestire i competitor. Quindi dedichiamo questo articolo a questo secondo tema.



Come già detto, il miglior modo per gestire i competitor è gareggiare con una Strategia Oceano Blu, ma, allo stesso tempo, abbiamo visto come questa sia difficile da adottare e anche laddove venga adottata non è l’unica che utilizza l’azienda. Nell’articolo precedente abbiamo visto come l’Accademia utilizzi una Strategia Oceano Blu all’interno del mercato dei One to One da lei creato, ma come, per la formazione “classica” delle aziende sul tema delle soft skill, rientri nel mondo oceano rosso, e quindi debba utilizzare altre strategie per differenziarsi. A questo punto, la domanda “come gestire i competitor” è tutt’altro che teorica, visto che chiunque possiede dei competitor.



La prima cosa che mi sento di dire è che i competitor vanno studiati e conosciuti, bisogna capire chi sono i reali competitor e questa cosa è, tendenzialmente, molto più difficile da capire di quel che sembra.

Facciamo un esempio: se c’è un’azienda che produce macchine di media-bassa qualità non potrà pensare che una nota azienda che produce Super Car sia un competitor, ma sarà semplicemente un’azienda che agisce e lavora nello stesso macro-mercato delle automobili. Quindi, la prima vera domanda da farsi è: quali sono le società e i professionisti che la gente collega a me quando vendo un prodotto o servizio e che mi potrebbe sostituire?



È evidente, quindi, che un rivenditore di macchine usate di medio-basso livello non potrà pensare che un suo competitor sarà un venditore di macchine nuove o di lusso. Questo è utile perché per svolgere al meglio il proprio lavoro bisogna essere dei professionisti, cioè bisogna conoscere, molto più del proprio cliente, il mercato in cui si opera. Imparando a conoscere quali sono i propri competitor nella propria fascia di mercato o in fasce di mercato limitrofe ci si rende conto di quanto è grande il mercato in cui stiamo operando e si potranno attuare strategie. Questo permetterà da una parte di agire meglio per sé, aspetto importante perché i competitor si gestiscono non attaccandoli ma performando meglio per proprio conto.

Il primo aspetto, quindi, è quello di conoscere i competitor. Il secondo aspetto è non attaccarli, ma capire, avendo conosciuto il contesto e i competitor, come migliorare il proprio business. Il terzo aspetto è imparare a stimarli e questo sembra paradossale perché bisogna partire da un’ipotesi positiva: chi riesce a essere attivo nel proprio mercato sicuramente è una persona di valore, e da tutte le persone di valore si può imparare, ancor più da chi ha gli stessi obiettivi e le stesse problematiche.

Quando si studiano i competitor bisogna capire quali sono le novità, le strategie e le innovazioni più interessanti che stanno introducendo sul mercato partendo da un’ipotesi positiva senza cancellarli dalla propria mente. È importante studiare i competitor per comprendere quali strategie utilizzano e, in tal senso, essere anche grati a loro perché quando si adottano strategie funzionali lo sforzo non è banalmente nel copiarle, ma da una parte nel customizzarle per la propria strategia e posizionamento, dall’altra nel migliorarle ulteriormente.

Questo permette una sana competizione in cui i competitor si allenano vicendevolmente a fornire un prodotto o servizio sempre migliore ai propri clienti. E questo è un vantaggio per tutti. Mi ricordo, ad esempio, che una volta sono andato in una multinazionale leader del mercato dolciario e, in maniera provocatoria, sono entrato con un sacco pieno di dolci di competitor, chiedendo loro di assaggiarli.

Il responsabile disse che era vietato parlare dei competitor e studiare i loro prodotti e io replicai che da tutti si può imparare, ancora di più da un’azienda con maggiore fatturato. Superato il primo momento di imbarazzo e pregiudizio, iniziarono a fare un’analisi dettagliata di quei prodotti dolciari allenandosi a gestire in certi casi obiezioni che avrebbero paragonato i propri prodotti con quelli dei competitor.

Il quarto punto riguarda il non citare quasi mai i competitor e rimanere focalizzati non tanto sulla comparazione tra noi e gli altri, ma usare tutto il tempo a disposizione nei confronti del proprio cliente per cercare di capire cosa realmente desidera e co-progettare il miglior prodotto o servizio per soddisfarlo in maniera il più possibile assoluta. Questo è importante perché più noi parliamo dei competitor anche attaccandoli, più trasmettiamo in realtà ai nostri interlocutori da una parte che l’antipatia verso i competitor è maggiore del desiderio di fare bene per i propri clienti e dall’altra che li temiamo, il che significa essere legati da un moto di invidia e, in fondo, sapere che sono migliori di noi.

C’è poi un quinto caso in cui ci è richiesto in maniera esplicita da parte del cliente di dare un giudizio sui competitor, in quel caso bisogna essere eleganti: da una parte occorre dire in maniera onesta quali sono i punti di forza dell’azienda citata e dall’altra non attaccarla, ma evidenziarne i punti di differenza che vi contraddistinguono da loro.

Un caso recente: mi sono presentato al Direttore HR di una nota multinazionale che mi chiese se conoscessi una Trainer di negoziazione. Quando gli risposi di sì, lui mi disse che ci occupavamo dello stesso mestiere e io dissi: “Concordo che abbiamo delle aree in comune visto che entrambi ci occupiamo di negoziazione. So che questa azienda è molto forte sulla formazione d’aula e usa un modulo classico di 3 giorni di formazione in aula con tutti i partecipanti. L’Accademia, invece, usa la maggior parte delle proprie energie studiando e brevettando strategie che possano servire per la consulenza in campo negoziale, quindi su casi concreti. Per fare questo, ha fondato un Centro Studi guidato da una nota professionista che possa brevettare e certificare le strategie migliori”.

A questo punto, l’HR Director reagì dicendo: “Beh, ma lei fa mille cose in più di quella trainer. In effetti non siete nemmeno colleghi!”. Ovviamente il contratto di formazione e consulenza stipulato da quell’azienda presentava un nuovo fornitore, l’Accademia, e non più l’azienda dell’anno precedente.

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