Sempre più di moda è il termine “gentilezza”, la cui forma aggettivale “gentile” viene abbinata a parole come “manager”, “leader”, ecc. Sebbene alcune delle persone che promuovono il tema della leadership gentile siano amici, manager e professionisti che stimo, vorrei presentare alcune avvertenze che occorre conoscere quando si parla di gentilezza in campo relazionale.
L’Accademia di comunicazione strategica, anche tramite il libro Negoziazione Strategica. Il Metodo O.D.I.®, ha divulgato la Matrice degli Stili Relazionali® che codifica i quattro stili relazionali che si possono avere tra le persone: efficace, manipolatorio, persuasivo e strategico.
Cosa indicano i quattro stili? Che c’è il comunicatore efficace che si relaziona dichiarando i propri interessi e ottenendoli; il manipolatorio che nasconde i propri interessi volendoli tutelare e riuscendo – in ogni caso – a soddisfarli; il persuasivo che vuole nascondere i suoi ma soddisfare gli interessi del proprio interlocutore risultando addirittura gentile; il comunicatore strategico che esplicita i propri interessi e vuole perseguirli insieme a quelli del proprio interlocutore co-progettando.
Il comunicatore efficace è egoriferito, è quello che dice: «Voglio andare a bere una cosa al bar, accompagnami!», senza creare una vera relazione con l’altro. Il manipolatore è colui che dice: «Che caldo che fa!» in modo tale che sia l’altro a invitarlo al bar rendendosi conto che anche lui aveva sete e finisce per farsi offrire la bibita. Il persuasivo, invece, induce l’altro ad esplicitare il suo bisogno e riesce a soddisfare sia questo che il suo senza esplicitarlo. Nello specifico, il persuasivo fa notare il caldo afoso al suo interlocutore che, quindi, avrà l’idea di dissetarsi andando a bere qualcosa al bar e chiedendo all’amico di fargli compagnia offrendogli la bevanda. Infine, il comunicatore strategico è colui che esplicita le sue esigenze e bisogni, dice che ha sete, chiede all’altro se ha sete e insieme ragionano e co-progettano dove andare a bere, con il miglior costo opportunità, la bevanda da loro desiderata.
Gli stili relazionali hanno a che fare con la gentilezza per almeno due motivi. Il primo è che non esiste la gentilezza in sé, ma scaturisce all’interno di una dinamica relazionale, nel senso che una persona non può essere gentile da sola, ma si scopre gentile in relazione con gli altri. Quindi, un leader che si autodefinisce “gentile” senza che siano gli altri a riconoscerlo tale è già fuorviante. Inoltre, la gentilezza può essere presente in tutti e quattro gli stili relazionali e, come si può evincere negli esempi fatti, portano a declinazioni operative profondamente diverse. Cos’è possibile concludere, infatti? Che la gentilezza può essere o una tecnica o un elemento di sostanza.
Il comunicatore efficace può usare la gentilezza come tecnica: può presentare in maniera dolce la sua richiesta di essere accompagnato e questo farà sì che l’interlocutore acconsenta in maniera più “mansueta”. La tecnica della gentilezza può essere usata dal manipolatore e dal persuasivo in quanto il modo migliore per nascondere le proprie reali intenzioni è parlare con gentilezza mostrando di aver compreso gli interessi del proprio interlocutore e di volerli soddisfare. È solo nel quarto approccio alle relazioni, definito strategico e legato alla Comunicazione strategica, che il comunicatore usa la gentilezza non più come forma o tecnica ma come sostanza. Presenta in maniera chiara i suoi interessi e gentilmente accoglie quelli dell’altro sommandoli ai propri e usandoli come ingrediente essenziali per co-creare una nuova ricetta, quindi una nuova azione, che valorizzerà l’Io (chi parla), il Tu (l’interlocutore) e il Contesto.
Ecco, quindi, che, sebbene sia utile parlare di gentilezza, è necessario riconoscere che per essere sostanziale deve essere associata a uno stile di comunicazione strategico; altrimenti, è condannata a essere una mera tecnica che – in fondo – mira solo alla soddisfazione dei propri interessi.
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