La domanda più frequente che mi sento rivolgere durante il Master One to One dagli executive è la seguente: «Come posso rimanere al successo?». Tutti, o la stragrande maggioranza degli executive che si rivolgono all’Accademia di Comunicazione Strategica (ACS) hanno raggiunto il successo professionale e lo hanno fatto in diversi modi.



Chi, ad esempio, vi è arrivato con un colpo di fortuna, chi con intuizioni geniali, altre volte ereditando un’azienda o altre ancora senza sapere neanche bene come. Quello che intuiscono tutti, però, è che se le vie che conducono al successo professionale sono diverse, le strategie per rimanere al vertice sono molto simili, nonostante la diversità dei settori in cui si opera.



Le due leve principali da usare per mantenersi in equilibrio nei vertici di qualunque organizzazione sono metodo e forma mentis.

Per quanto riguarda il metodo, infatti, occorre avere una forte conoscenza del Time Management, ovvero la gestione del tempo, e competenze relazionali in modo tale da poter svolgere in breve tempo ma con qualità gli impegni che vengono presi, costruendo una rete di relazioni e alleanze senza le quali non si potrebbero raggiungere obiettivi sfidanti in contesti complessi.

La forma mentis, invece, si riferisce alla coscienza e consapevolezza che solo il metodo non basta. Occorre anche lavorare su se stessi, imparando a conoscere e levigare i propri difetti e imparando – paradossalmente – a trasformarli, in certi casi, in punti di forza. In Accademia identifichiamo questa problematica con l’espressione “la negoziazione più importante è quella con se stessi“.



Per lavorare su questo aspetto è necessario, da una parte, trovare del tempo per pensare, riflettere, fare strategia, avere – quindi – dei momenti per provare a rispondere a domande strategiche, apparentemente semplici, ma in realtà estremamente sfidanti, come “cosa voglio ottenere?“, “cosa sono disposto a fare pur di ottenerlo?“, “chi mi può aiutare?“. Dall’altra parte, bisogna trovare persone con cui avere un dialogo franco, sincero, a tratti addirittura sfidante, ovvero persone che non abbiano paura di fare luce sugli angoli bui del proprio pensiero e del proprio operato, ma che abbiano il desiderio di aiutare e non di incriminare nessuno.

Questa attività, ad esempio, è una delle principali ragioni per cui sono stati creati i Master One to One, cioè per permettere a executive, siano essi imprenditori, manager o professionisti, di avere alleati silenziosi ma strategici per affrontare le più complesse sfide professionali. Se sappiamo che, per loro natura, gli obiettivi sfidanti non si raggiungono da soli, allora la più alta forma di intelligenza è quella di chiedere supporto per avere persone che ci permettano di raggiungere obiettivi sfidanti.

Recentemente abbiamo avuto una testimonianza concreta di cosa significhi non tanto raggiungere i vertici ma rimanervici grazie a Roger Federer, per trent’anni leader indiscusso del tennis. È evidente che, se quando ha vinto per la prima volta a un torneo internazionale, era sia fisicamente che mentalmente il numero uno, nel corso degli anni si è dovuto sfidare con avversari che almeno dal punto di vista fisico erano superiori a lui in quanto più giovani e prestanti. Il lavoro che ha fatto, non solo in allenamento, ma soprattutto fuori dal campo, gli ha permesso di avere quell’attitudine mentale per cui meglio di altri sapeva gestire la tensione di stare al vertice.

La tensione che si vive quando si raggiungono posizioni apicali in qualunque campo è tale, infatti, che – in maniera più o meno conscia – le persone a un certo punto decidono di mollare. Ma, come disse una volta lo stesso Federer, «i match che ricordo più volentieri sono quelli che stavo perdendo e sono stato capace di ribaltare».

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