Nel pomeriggio del 30 giugno si è tenuto un webinar, organizzato da ACS Editore e moderato dal Vicedirettore della casa editrice, Carlo Sordini, che ha visto come protagonisti la dott.ssa Eva Filoramo, Direttore del Centro Studi di Comunicazione Strategica e autrice del libro L’impossibile mappa del cervello e me, in qualità di Direttore dell’Accademia di Comunicazione Strategica e co-autore del libro Gli errori della mente. Strumenti di comunicazione strategica, insieme a Laura Mondino.
L’impossibile mappa del cervello presenta quello che la stessa autrice definisce «l’organo più importante, più complesso e più misterioso che l’uomo ha» e nasce dall’esigenza di far chiarezza tra i neuro-miti diffusi attualmente nel campo della comunicazione – e non solo – e di creare un ponte tra gli studiosi delle neuroscienze e coloro che vorrebbero informarsi su questi argomenti, ma che, trovando il livello di comprensibilità degli scritti troppo elevato, o scelgono di non approcciare tali testi, oppure lo fanno in modo superficiale e non capiscono realmente le tematiche trattate.
Ma perché è “impossibile” disegnare una mappa del cervello? Come racconta Eva Filoramo, tra il Settecento e l’Ottocento gli scienziati dibatterono sulla possibilità di capire se le funzioni cerebrali fossero tutte localizzate in parti ben precise o diffuse all’interno del cervello. Si scoprì che le funzioni legate ai sensi e al movimento sono localizzate, così come quella che attiene al linguaggio; tuttavia, risultò impossibile – e ancora oggi lo è – tracciare una mappa che individuasse la localizzazione di queste funzioni a causa del livello di connettività che è presente tra queste all’interno dell’organo.
Non è un caso, infatti, che, spingendo i lettori a riflettere sulla questione, il libro si chiuda con un interrogativo: «come cercherebbe di risolvere l’enigma dell’impossibile mappa del cervello?».
Gli errori della mente. Strumenti di comunicazione strategica, invece, tratta in maniera innovativa il tema dei bias e del processo decisionale, ruotando attorno a cinque termini chiave: biases, noises, euristica, tecniche anti-bias, tecniche anti-noise. È un libro nato da una triplice relazione tra l’Accademia di Comunicazione Strategica, il suo Centro Studi e un centro studi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dalla quale, dopo un enorme lavoro di recupero e studio della letteratura scientifica sui bias, sono state create delle tassonomie che consentissero di mappare e utilizzare i bias nei diversi contesti e declinare delle evidenze in campi operativi trattando, in particolare, le dinamiche di comunicazione e relazione nel mondo medico, educativo e business.
Il titolo stesso del libro, Gli errori della mente, intende porsi come emblema di una delle caratteristiche del mondo odierno: la complessità. Più si va avanti, più si studia e si cerca di comprendere la realtà in tutti gli ambiti della vita – lavorativo e privato -, più ci si rende conto che è complessa e che è fatta di tante zone grigie e nere dove non si riesce a fare ipotesi. Ci sono, allora, due modi per affrontare la complessità: riconoscerla o fare delle ipersemplificazioni che consentono di guadagnare nel breve periodo, ma causano enormi danni nel medio-lungo.
Credo che di questa complessità ci si possa solo innamorare, perché è bello sapere che non possiamo e riusciamo a dominare tutto.
Ma cosa sono i bias? Fino a metà degli anni Duemila, il termine di origine anglosassone non era in uso; infatti, nel mondo dell’editoria veniva tradotto in italiano con “pregiudizio”, “trappola mentale” o “distorsione cognitiva”. Il bias è un «errore dovuto ad uso scorrette dell’euristica», definita – a sua volta – come «una scorciatoia decisionale che utilizza il nostro cervello quando si è sotto pressione per prendere velocemente una decisione».
Facciamo un esempio applicato al processo di selezione del personale. Un’azienda incarica l’HR di aprire il processo di selezione per la posizione di sales account. Nel momento del colloquio, i candidati di sesso maschile saranno ritenuti più adatti di quelli di sesso femminile, poiché per il bias di genere, nell’inconscio dell’HR la figura ricercata sarà ricoperta meglio da un uomo che da una donna.
Oltre ai bias, esiste un altro tipo di errore che fa la nostra mente, ovvero il noise, parola che – letteralmente – significa “rumore di sottofondo” e indica un errore cognitivo legato al contesto in cui si è inseriti.
Facciamo di nuovo un esempio legato al processo di selezione del personale. Durante un primo colloquio in modalità virtuale, un HR, che si trova al mare in Liguria e sa che a colloquio terminato potrà godersi il pomeriggio in barca, avrà uno stato d’animo molto positivo e sarà ben disposto nei confronti del candidato che esaminerà. Dunque, farà passare il candidato alla fase successiva del processo di selezione senza fare affidamento su alcun elemento certificabile le sue reali competenze.
Sia i bias che i noise, quindi, possono essere molto pericolosi nel mondo lavorativo e nei diversi contesti business. Il primo passo per affrontarli è conoscerne l’esistenza.
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