Un giorno uno dei miei maestri mi disse: “Chi capisce come è fatto il cuore dell’uomo fa i soldi“. Questa frase, che mi ha sempre affascinato, è come un mantra che tengo a mente quando mi trovo ad affiancare le aziende. Nel farlo sostituisco la parola cuore con un termine più tecnico in campo negoziale: interesse.



Se da un lato la tecnologia può cambiare infinitamente le modalità con cui l’uomo può operare, dall’altro non ne altera gli interessi. Basti pensare che il desiderio di potere, di giustizia, di verità, di piacere sono sempre esistiti e nel corso dei millenni non sono mai cambiati. Motivano gli uomini di oggi, hanno ispirato quelli di ieri, e possiamo ipotizzare che saranno la guida anche di quelli di domani. È una riflessione che ho maturato anche grazie alla lettura di un libro scritto ormai quasi due millenni fa: “Vite parallele” di Plutarco. Leggendo le eroiche storie di celebri persone del passato mi sono reso conto che, in fondo, i loro interessi non erano poi così diversi dai nostri.



La rivoluzione dentro cui siamo immersi è colossale e irrefrenabile: gli esperti sostengono che sarà persino più impattante del passaggio dal cavallo all’automobile. Renderà ogni mansione più semplice e veloce, ma si configura come un’onda anomala che occorre imparare a surfare per non rimanerne travolti. Eppure, nonostante il contesto esterno sia in rapido mutamento, gli interessi degli esseri umani, i loro cuori per usare l’espressione del mio maestro, sembrano rimanere invariati. L’uomo in sella a un cavallo aveva in fondo lo stesso obiettivo di un uomo a bordo di un’automobile: raggiungere la meta il più velocemente possibile. A questo interesse di primo livello possono poi aggiungersi interessi secondari, come affrontare il viaggio con comodità o su una macchina prestigiosa. L’esistenza di più livelli di bisogno è la ragione per cui una Ferrari costa più di una Panda: se la prima è in grado di soddisfare interessi sia primari che secondari, la seconda si limita ai primari.



Se è vero che gli interessi dell’essere umano rimangono immutati nel tempo, è pur vero che le nuove tecnologie presenti sul mercato permettono di soddisfare più rapidamente e in maniera più profonda quegli stessi interessi.

Qualche tempo fa ho ascoltato un podcast dal titolo “Storie di brand”, dal quale imprenditori e professionisti possono cogliere numerosi spunti di riflessione da poter applicare alla propria realtà. Una puntata raccontava in particolare del tracollo di Blockbuster, la nota azienda leader nel noleggio di film fallita nel 2013 a causa della distribuzione digitale dei contenuti, e del conseguente successo della piattaforma Netflix. Questo racconto include entrambi gli insegnamenti evidenziati poc’anzi. I dirigenti di Blockbuster, nel momento più drammatico della sua storia, si domandarono come fare per mantenere i 9.000 store distribuiti in tutto il mondo e tutti i dipendenti che vi operavano. Al contrario, Netflix ebbe la lungimiranza di porsi una domanda completamente diversa: come fornire la miglior esperienza a coloro che volessero guardare la televisione. Decodificando quanto appena detto, i primi si concentrarono in maniera egoriferita su come resistere sul mercato, i secondi hanno saputo sfruttare le nuove tecnologie per soddisfare gli interessi dei clienti.

Non è un caso se uno dei primi sostenitori e leader di Blockbuster, poco dopo la comparsa di Netflix sul mercato, vendette per svariati miliardi di dollari le sue azioni della prima investendole il giorno stesso nella seconda: aveva compreso che i fondatori di Netflix non solo si erano posti la giusta domanda, ma avevano sfruttato il progresso tecnologico per trovare la miglior risposta.

Questo binomio sarà sempre più cruciale per le aziende che puntano al successo: partire dagli interessi immutabili degli esseri umani e adeguare di volta in volta la strategia assecondando i cambiamenti del contesto.

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