Vediamo oggi quali spunti può trarre un imprenditore da un’altra famosa parabola del Vangelo: quella degli operai dell’ultima ora (Matteo 19:30 e 20:1-16).

La vicenda inizia con un padrone che ingaggia alcuni uomini per lavorare l’intera giornata alla sua vigna. Tutti sono d’accordo con la paga stabilita: un denaro per un giorno di lavoro. Teniamo presente che all’epoca un denaro corrispondeva a quanto servisse a un lavoratore per sfamare sé e la sua famiglia per un giorno, e di conseguenza rappresentava una paga equa.



Successivamente il padrone chiama una seconda, una terza, una quarta e addirittura una quinta volta nuovi lavoratori in momenti diversi della giornata. Con questi però, non stipula nessun contratto, ma detta un altro criterio decisionale, e infatti asserisce: “quello che è giusto ve lo darò“. Questa frase passa quasi inosservata e fa sì che ciascun lettore tragga una conseguenza logico-matematica e ipotizzi che la paga sarà equamente proporzionata alle ore di lavoro.



Ma la parabola di Cristo rivela un finale a sorpresa. Infatti, alla sera il padrone inizia a pagare gli ultimi con un denaro, e via via tutti gli altri fino ad arrivare ai primi, quelli che avevano lavorato tutto il giorno. A loro dà quanto avevano concordato a inizio giornata, ma questi si dimostrano spiacevolmente sorpresi. Quando il padrone domanda cosa abbiano da mormorare riceve l’ovvia risposta: il senso di ingiustizia è dettato dal fatto che tutti i lavoratori sono stati pagati allo stesso modo nonostante abbiano lavorato periodi di tempo differenti. A questo punto il padrone risponde: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?“.



Anche questa parabola è da sempre stata oggetto di discussione tra i commentatori. Le interpretazioni più diffuse sono principalmente due. Secondo la prima visione, il padrone, che metaforicamente rappresenta Cristo, si comporta in maniera corretta poiché decide di essere più generoso con gli ultimi pur mantenendo la parola con i primi. Secondo un’altra lettura, invece, la morale della parabola è che il padrone non utilizza la logica degli uomini, ma agisce con pieni poteri su ciò che è di sua proprietà.

Personalmente ritengo che per comprendere questa parabola che inizialmente può lasciare sgomento è sufficiente aver fatto esperienza di una delle due situazioni che sto per elencare. Come dice l’espressione latina, “Expertus potest credere“, cioè solo chi ne ha fatto esperienza lo può capire.

Il primo modo per comprendere questa parabola è aver svolto almeno una volta nella vita un lavoro di cui si è compreso il significato profondo e da cui si è ricavata quella gioia che può provare solo chi mette dedizione e passione nel proprio impiego. Per capire il gesto del padrone bisognerebbe aver detto, o almeno pensato, espressioni come “Questo lavoro lo farei anche a gratis tanto è bello, utile, importante”. A una prima vista tutti i gruppi hanno guadagnato un denaro, ma a livello profondo quelli della prima ora hanno ottenuto molto di più. Essi hanno infatti dato un significato alla loro intera giornata e hanno avuto modo di stare fianco a fianco con il padrone della vigna, che fuori di metafora è Dio in persona. Quindi, in realtà, alla fine della giornata i primi che sono arrivati a lavorare nella vigna hanno ricevuto ben più degli ultimi, poiché il lavoro spesso è parte integrante della ricompensa che si ottiene a fine giornata.

La seconda categoria di persone che potrebbero capire la scelta del padrone sono gli imprenditori. Queste persone, infatti, non sono alla ricerca di collaboratori che si limitino a svolgere un lavoro dietro una ricompensa, bensì di persone che comprendano la missione che vogliono soddisfare con il loro contributo. È possibile, dunque, che il padrone abbia voluto mettere alla prova i suoi primi operai. A sorpresa decide di pagare più del dovuto gli ultimi e tutti gli altri e dà quanto aveva concordato ai primi per attendere le loro reazioni. Chi si lamenta farà parte di quelle persone che vive “l’anzianità sul lavoro” come un elemento di potere da rivendicare come arma contro il suo padrone. Infatti, nella parabola il tempo è stato inteso come strumento individualistico da usare contro gli altri collaboratori, in quanto “dell’ultima ora” e quindi appena arrivati, e peggio ancora contro l’imprenditore stesso. Di conseguenza, quando il padrone scopre che i lavoratori storici non sono stati fedeli a lui risponde loro: “Prendi il tuo e vattene“.

Possiamo concludere il commento ponendoci una domanda: cosa avrebbe fatto il signore con chi dopo aver lavorato tutto il giorno non si fosse lamentato ma fosse tornato a casa contento? Possiamo trovare la risposta nello stesso criterio esposto nella parabola dei talenti: chi si dimostra fedele al signore otterrà da questi molto di più.

Ecco, quindi, che la parabola che ha messo sotto scacco tanti pensatori appare così semplice agli occhi degli imprenditori e di coloro che amano il proprio lavoro. Ma ricordiamoci che non basta capire, occorre comprendere, quindi vivere queste dinamiche in modo profondo perché, come già detto, expertus potest credere.