Il concetto di leadership è cambiato molto negli ultimi decenni. Si è passati negli anni e in tempi diversi, dall’idea che la leadership fosse una capacità innata e avesse un’unica modalità d’esercizio, alla consapevolezza che esistono diversi stili di leadership e che vi siano competenze da imparare. In questo cambiamento di concezione una grande differenza è rappresentata dalla attenzione all’altro. Il leader innato aveva uno stile proprio che prescindeva dalle necessità degli altri, il leader moderno deve possedere stili diversi di fronte alle diverse necessità delle persone che gestisce.
Il leader è colui che guida le persone, non un capo che dice in modo direttivo cosa va fatto ogni minuto; è una guida che permette alle persone che gestisce di crescere, sviluppare competenze, acquisire conoscenze e rendersi sempre maggiormente autonomi nel lavoro. Una delle più belle frasi sulla leadership la ascoltai da un maestro di teatro italoamericano, che disse “guidare qualcuno significa essere un luogo dove la persona che si guida possa esprimersi al suo meglio”. Chi guida si fa luogo per permettere alle persone di dare il proprio meglio, di conoscere e sviluppare le proprie potenzialità, di raggiungere traguardi a cui non pensava di poter arrivare.
Quando si incontra un responsabile di questo tipo, la crescita è immediata, la motivazione è alta e il beneficio è totale, sia per il collaboratore, sia per il manager e l’organizzazione. Come spesso accade sulla teoria non è difficile essere tutti d’accordo, ma poi ci sono le “pieghe della realtà” nelle quali non è così semplice mettere in atto quanto vorremmo.
Le maggiori difficoltà sono spesso il tempo, gli strumenti, l’attività che viene svolta, le emozioni, le relazioni con i collaboratori e altre complessità. La giornata di un manager ha molte sfide e molte sfaccettature, è necessario focalizzarsi sulle priorità, che non sono solo quelle operative legate agli obiettivi produttivi, ma anche quelle relative alla crescita delle persone. È un lavoro far crescere le persone, gestirle e guidarle e richiede tempo. Come già trattato in un altro articolo, per molte organizzazioni, si presenta oggi un circolo vizioso, dove la mancanza di tempo porta inevitabilmente a concentrarsi sul risultato giornaliero, tralasciando la guida e la gestione dei collaboratori. È necessario comprendere che la crescita delle persone che collaborano con noi è una priorità necessaria, che richiede un investimento di tempo e che non può e non deve essere sacrificata. Ha lo stesso valore, e talvolta maggiore, della consegna di un progetto o di un appuntamento con un cliente.
Essere leader oggi significa conoscere le persone del team, sapere quali stili comunicativi funzionano con ognuno, su quali leve motivazionali è possibile agire con ciascuno, vuol dire modificare il nostro stile di interazione in base a chi abbiamo davanti. Questo non significa manipolare o fingere con le persone, tutt’altro. Significa invece creare un ponte con le persone, avvicinarsi ed entrare in relazione usando le modalità più congeniali alla persona che abbiamo davanti, per permettere di crescere in fiducia e lavorare motivati.
Per fare un esempio, è quello che facciamo di fronte alle domande di un bambino, cerchiamo le parole più adatte per poter rispondere. È quello che mettiamo in atto ogni giorno, in maniera istintiva solitamente, quando incontriamo un amico, un conoscente, un poliziotto o l’amministratore delegato. Modifichiamo l’interazione per relazionarci al meglio. Spesso la figura gerarchica più alta non ha questa accortezza, rischiando di non riuscire a guidare al meglio. Sono tanti i “cappelli” sulla testa di un leader, che infatti deve avere ben presente gli obiettivi a 360 gradi, sia produttivi che di sviluppo dei propri collaboratori.
Il leader di oggi è anche un coordinatore tra le diverse figure presenti nelle organizzazioni, è colui che crea sinergie fra persone e funzioni interne ed è un motivatore per il team. In definitiva, il leader è al servizio dei propri collaboratori per riuscire a portarli dove nemmeno loro pensavano di poter giungere.
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