Abbiamo visto come per lavorare in team sia necessario mettere in campo capacità relazionali che permettano di collaborare in modo efficace, nonostante le diversità caratteriali delle persone. Anzi, mettendo queste diversità a frutto per un miglior lavoro comune. È indispensabile, infatti, costruire una cultura della fiducia che metta le persone nella miglior condizione possibile di lavorare. Anche la fiducia nel mondo del lavoro è da considerarsi una vera e propria competenza. Non si tratta di affidarsi a qualcuno ciecamente, ma di permettere agli altri di potersi esprimere in modo emotivamente sicuro, utilizzando strumenti quali allineamenti, monitoraggi e feedback.



La cultura della fiducia è una forma mentis che permette alle persone di sperimentare, di poter sbagliare e di rendersi sempre più autonomi e proattivi, mantenendo costantemente un flusso di informazioni verticale e orizzontale tramite monitoraggi e feedback. Il feedback è uno strumento potentissimo del lavoro in team. Strumento antico di cui si parla da decenni, ma che ancora non ha preso piede in molte organizzazioni italiane.



In più di 10 anni di esperienza ho incontrato poche organizzazioni che possono dire di aver costruito una cultura del feedback, in cui ognuno utilizza questo strumento di crescita per stimolare, far crescere e motivare gli altri. Molto spesso nelle mie aule chiedo se alla parola feedback il primo pensiero sia positivo o negativo, e la maggior parte delle persone vive con un senso di stress l’idea di dover ricevere un feedback, molto spesso ritenuto più vicino a un giudizio personale. Nulla di più lontano dalla vera finalità di questo strumento, che invece è quella di sviluppare, creare fiducia, ingaggiare e motivare le persone. Saper dare un buon feedback, e anche saperlo ricevere (non è scontato avere la capacità di ricevere un feedback), può essere determinante per creare fiducia e relazione nel team e fra team.



Un’altra cosa buffa che mi capita nelle aule è che quando parlo con i manager mi viene detto che lo strumento viene utilizzato spesso, mentre quando parlo con i collaboratori mi viene detto “noi non riceviamo feedback”. Vi potrà sembrare strano, ma penso che tutti abbiano dal loro punto di vista ragione. Indagando si comprende che non essendo effettuati in modo esplicito, i collaboratori non avvertono come feedback una correzione costruttiva o un complimento dettagliato. Dal canto loro i responsabili sono convinti di darne tanti poiché danno indicazioni e ritorni di continuo a chi lavora con loro, ma di norma poco strutturati e qualche volta improvvisati senza alcuna pianificazione. È importante rendere esplicito il feedback e darsi il tempo per prepararlo e trasmetterlo nel migliore dei modi, prestando particolare attenzione alla parte emotiva.

Se siamo particolarmente mossi da un’emozione, qualunque essa sia, è molto probabile che il nostro feedback non sarà efficace. Andare da un collega o un collaboratore in preda a rabbia o forte stress, ci porterà inevitabilmente a comunicare in modo poco efficace, se non addirittura dannoso. Per esempio, quando proviamo a concentrarci in ufficio e qualcuno parla a voce alta, non sarà efficace dire, in preda alla rabbia, “potete stare zitti che non riesco a concentrarmi?!”. È un’emozione espressa in modo poco efficace. Non è neppure sufficiente essere noi in un equilibrio emotivo, perché se parliamo con una persona in preda a una forte emozione, sebbene noi si sia in equilibrio, la nostra comunicazione sarà nuovamente poco efficace e forse dannosa.

Ecco la meravigliosa complessità delle relazioni e della comunicazione. Sempre di più si parla di emozioni nelle aziende ed è fondamentale, poiché ognuno di noi è mosso dalla propria parte emotiva. Infatti, il significato etimologico della parola “emozione”, deriva dal latino ex – movere e significa: “muovere da, muovere verso”. Dunque ciò che ci muove (la nostra motivazione: “motus”). Non c’è comunicazione, feedback e relazione senza il coinvolgimento emotivo delle persone. Dunque per poter lavorare bene insieme è necessario saper gestire le nostre emozioni e saper leggere lo stato emotivo degli altri, imparando la competenza dell’empatia.

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