A febbraio scorso è stato pubblicato il 7° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale e i nuovi valori del lavoro. Emergono dati interessanti: il 93,7% degli occupati italiani considera fondamentale il benessere e la felicità quotidiana, mentre l’87,3% ritiene un errore fare del lavoro il centro della propria vita. Le aziende devono trovare nuovi modi per soddisfare i dipendenti e il welfare aziendale, personalizzabile secondo le esigenze individuali, è fondamentale. Volendo riassumere ciò che emerge da questo studio Censis potremmo dire che c’è il desiderio di essere più felici sul posto di lavoro.
La felicità è un desiderio universale e non è un argomento nuovo, l’uomo per sua natura aspira alla felicità e tra le attività dell’uomo il lavoro non è estraneo a questo desiderio.
Iniziamo questo nostro viaggio guardando alla felicità con una provocazione spero intrigante: la felicità sul lavoro può essere considerata una sorta di “soft skill”, una vera e propria competenza trasversale, che può migliorare le nostre performance e la produttività dell’azienda?
Certo è che ognuno di noi passa sul posto di lavoro molto tempo, quindi è essenziale che queste ore siano non solo produttive, ma anche soddisfacenti e gratificanti. Di conseguenza, la felicità sul posto di lavoro va oltre il semplice aspetto finanziario o le opportunità di carriera; riguarda il sentirsi valorizzati, motivati e realizzati nelle nostre mansioni quotidiane. Quando ci sentiamo supportati dai colleghi e dai superiori e abbiamo spazio per crescere e sviluppare le nostre competenze, il nostro benessere emotivo e la nostra motivazione ne traggono beneficio. Un ambiente lavorativo che promuove la felicità porta a un maggiore coinvolgimento e impegno da parte dei lavoratori, contribuendo così alla crescita e al successo complessivo dell’azienda.
Se pensiamo alle soft skills come quelle abilità trasversali che rendono una persona eccezionale nel lavoro di squadra o nella comunicazione, perché non includere anche la felicità? La felicità sul lavoro non è solo un lusso, ma un vero e proprio motore per il successo aziendale. Studi dimostrano che i lavoratori felici sono più produttivi, creativi e resilienti di quelli infelici. Investire nel benessere dei dipendenti non è solo un atto di gentilezza, ma anche una mossa strategica per migliorare le performance aziendali.
Ma cosa possiamo fare noi per favorire la felicità sul posto di lavoro? L’empatia, la corresponsabilità e la disponibilità al cambiamento sono punti cruciali. Essere empatici significa comprendere e rispettare i sentimenti degli altri, creando un ambiente di sostegno e collaborazione. La corresponsabilità implica che ogni individuo si senta coinvolto nel successo dell’azienda e si assuma responsabilità per il proprio ruolo e contributo. Infine, la disponibilità al cambiamento permette di adattarsi alle nuove sfide e opportunità, creando un clima di innovazione e crescita continua. Integrare queste qualità nella cultura aziendale può promuovere un ambiente di lavoro più felice e gratificante per tutti.
Eppure, anche se riconosciamo l’importanza della felicità sul lavoro, spesso ci troviamo a focalizzarci su ciò su cui facciamo fatica: come si suol dire, la lingua batte dove il dente duole. Ma se riuscissimo a inquadrare il punto di fatica nel quadro più ampio, valorizzando anche tutto quello che c’è, potremmo essere aiutati al dare il giusto peso ai punti di forza e non solo a quelli di fatica. Dobbiamo cominciare a considerare la felicità come una competenza che si alimenta nel riconoscere il buono che c’è nelle cose anche se non sono come le avremmo volute noi, pensare che per essere felici noi dobbiamo contribuire anche alla felicità degli altri.
Immaginiamo cosa potremmo realizzare se riuscissimo a favorire la felicità per noi e per gli altri. Potremmo aprire la strada a una trasformazione significativa nel nostro approccio al lavoro e nella nostra esperienza quotidiana.
Dunque, poniamoci nuovamente la domanda: la felicità sul lavoro può davvero essere considerata una soft skill? Forse non c’è una risposta definitiva, ma certamente è un’idea su cui vale la pena riflettere. In fondo, tutti vogliamo essere felici, sia nella vita che nel lavoro. E se la felicità potesse essere la chiave per sbloccare il nostro pieno potenziale professionale?
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