Da qualche anno, ho l’occasione di essere invitato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e in altri atenei o contesti aziendali per incontrare fondatori di start-up e prepararli a tenere un pitch, ovvero la breve presentazione che viene fatta a possibili investitori per ingaggiarli e ottenere i finanziamenti per far proseguire lo sviluppo della start-up a scale-up e, infine, a vera e propria società. Questo mi permette ogni anno di incontrare decine e decine di imprenditori e di seguirli poi attraverso percorsi One to One.
La cosa interessante è che più passa il tempo, più vedo la cultura imprenditoriale di queste persone allontanarsi da quella che reputo essere corretta e avvicinarsi a un tipo di approccio basato sull’idea che l’imprenditore non sia altro un “giocatore d’azzardo” che punta su un’idea originale per farsi dare un capitale da soggetti esterni, verificare in poco tempo la validità della sua idea e poi venderla.
Credo che sia pericolosa questa tendenza. Chi si avvicina al mondo imprenditoriale, infatti, dovrebbe avere più l’idea opposta, cioè quella di costruire qualcosa, di intraprendere un’avventura con il desiderio che possa non finire mai, che possa continuare a generare profitto e valore per tuti quelli che vi sono dentro e per la società stessa.
Condivido un’esperienza personale per spiegare ciò che intendo. Io sarei la quarta generazione di un’azienda familiare con più di 100 anni di storia, fondata dal mio bisnonno e guidata da attualmente mio padre. Quando mi si è presentata davanti l’opportunità di entrarvi a far parte, ho declinato l’offerta e ho deciso di fondare l’Accademia di Comunicazione Strategica. Dal primo momento ho avuto l’idea che, fin dai primi giorni della sua nascita, l’Accademia avrebbe dovuto seguire dei principi tali che i valori alla base potessero durare per 100 anni.
Mi auguro che all’interno dei corsi su Business Management e sul panorama televisivo politico vengano proposti sempre più interventi di imprenditori che possano restituire al pubblico il loro approccio alla vita, al lavoro e alle sfide e che vogliano affrontare i problemi tenendo conto del fatto che ciò che costruiscono oggi debba durare almeno 100 anni. Nel mondo ce n’è bisogno.
Ha detto bene Cucinelli, in una recente intervista, affermando che «un imprenditore deve prendersi a cuore il creato facendo sì che ciò che fa duri per sempre». Non a caso, ha creato la Biblioteca Universale a Solomeo, in Umbria, e quando ha incontrato Jeff Bezos gli ha chiesto: «Cosa fai che duri per sempre?». Bezos non poteva che rispondergli: «Voglio costruire un orologio che possa durare diecimila anni».
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