Tra le paure più diffuse nel mondo, quella di morire non è mai tra le prime 5, talvolta nemmeno nelle prime 10. Ci sono cose che spaventano più della morte. Alcune sono fobie classiche, come quella di volare (altitudine) o degli insetti, sempre molto presenti nelle classifiche. Poi ci sono quelle determinate dai fattori geopolitici, le guerre, i problemi finanziari e, naturalmente, la paura di contrarre brutte malattie. Ce n’è poi sempre una tra le prime 10 e molto spesso tra le prime 5, che in termini moderni viene chiamata glossofobia, ma è conosciuta ai più, come paura di parlare in pubblico.
Parlare davanti a un pubblico mette a disagio e talvolta terrorizza molte persone. È davvero difficile trovare qualcuno che sia a perfetto agio quando deve parlare davanti a molte persone (non necessariamente molte). Il disagio del public speaking è molto soggettivo. Per qualcuno è più difficile avere davanti a sé poche persone, altri sono spaventati solo dalle grandi platee. Molto poi dipende dall’ambiente e dalla situazione. Conoscere il luogo o l’argomento può aiutare chi parla. Ci sono anche fattori interni ed esterni che incidono sulla capacità e sull’efficacia dello speaker. Fattori esterni possono essere determinate persone nel pubblico, l’utilizzo di strumenti tecnologici che non funzionano o che non si conoscono, ma anche rumori, domande polemiche e molte altre interferenze. I fattori interni, su cui possiamo lavorare maggiormente, sono anche quelli che possono incidere in maniera determinante: convinzioni limitanti e relative costanti preoccupazioni su nostre presunte incapacità, poco sonno o una mattinata difficile a casa, ma anche il focalizzarsi su cose poco importanti o solo su una parte di quello che dobbiamo comunicare (ad esempio, come già scritto in precedenza, focalizzarsi solo sul contenuto e non sulla relazione con il pubblico). Insomma ancora prima di partire con un discorso, molto spesso abbiamo grandi montagne da scalare.
Esistono molti testi che provano a insegnare segreti e tecniche per essere ottimi oratori, tuttavia l’unico vero segreto è quello tipico di ogni abilità che abbiamo imparato nella nostra vita da quando siamo nati a oggi: provarci continuamente e sbagliare. Il circolo vizioso si innesca quando la paura del public speaking ci fa evitare il più possibile la situazione che ci spaventa, evitando di trovarci davanti al pubblico, talvolta fuggendo dall’eventualità che possa accadere. Molto spesso chi ha il terrore di trovarsi a parlare davanti a un pubblico non lo ha mai fatto, sembra incredibile, eppure spesso ci autolimitiamo ancora prima di scoprire le nostre abilità.
Per innescare un circolo virtuoso è necessario mettersi in difficoltà, cercando occasioni per superare le nostre paure, evitando di mettersi troppo a rischio. Forse prima di azzardare un intervento davanti al board aziendale, possiamo metterci alla prova con gli amici, in una riunione condominiale o anche alla riunione di classe di un figlio. Insomma, è necessario lavorarci, anche perché man mano che la nostra professionalità cresce, saper parlare in pubblico diventa una competenza che viene data per scontata. Un amministratore delegato deve saper guidare un’azienda e avere tante competenze di coordinamento e e gestionali, ivi compresa la capacità di parlare in pubblico. Mi capita spesso, infatti, di sentire collaboratori stupiti della scadente qualità del public speaking di non pochi top manager.
Parlare in pubblico è una competenza trasversale alle diverse mansioni e attività lavorative e, in un mondo iperconnesso come quello in cui viviamo, è davvero difficile non si presenti mai nella quotidianità lavorativa delle persone. Saper comunicare ad altre persone in modo efficace diviene la marcia in più per avere maggiori possibilità di crescita personale. Spesso in aula, affrontando questi temi con i manager, chiedo quante volte si preparano prima di un intervento o di uno speech importante. È raro che qualcuno abbia provato il proprio discorso più di una volta (molto spesso nemmeno quell’unica volta). Essere limitati da noi stessi credo sia la forma di autolesionismo maggiormente praticata da ognuno di noi, anche se poi cerchiamo alibi esterni (“voglio lasciare spazio anche agli altri”, “la prossima volta mi offro io”, “alla fine è meglio se conduce lei/lui”,…).
Umanamente le paure ci bloccano fisicamente e mentalmente, la buona notizia è che le persone maggiormente abilitate a sbloccare i nostri freni e le nostre convinzioni limitanti siamo proprio noi stessi. Occorre conoscersi, darsi obiettivi e lavorare passo dopo passo per crescere ed essere soddisfatti di sé.
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