Il periodo delle vacanze è fondamentale per rigenerarsi dalla tensione e dallo stress che inevitabilmente si accumula sul lavoro mese dopo mese, ricordando che sia gli studi che le osservazioni empiriche hanno dimostrato che la nostra mente è stata sottoposta a uno stress particolarmente elevato a causa della pandemia e delle sue conseguenze. 



C’è un’altra grande occasione che viene offerta a chi è in vacanza ed è quella di approfittare del fatto che tutto si rallenta e quindi si ha più tempo per pensare e per fare strategia per il nuovo anno che partirà a settembre. Per fare strategia bisogna innanzitutto imparare a porsi delle domande strategiche che possano indirizzare i nostri pensieri verso ciò che riteniamo più utile. Condivido quindi le due domande che mi sto ponendo in questo periodo. 



La prima è forse la più intuitiva e semplice: “Che obiettivi voglio raggiungere?”. Spesso, durante i mesi di lavoro subiamo una dinamica di decentramento dai nostri obiettivi originali. L’esperienza è come quando si entra in mare arrivando direttamente dal proprio ombrellone e, dopo appena un quarto d’ora, quando dal mare si guarda la riva ci si accorge che le onde in maniera quasi impercettibile ci hanno spostato di diversi metri rispetto al punto in cui eravamo entrati in acqua. Questo accade esattamente anche con i nostri obiettivi e imprevisti che ci spostano da ciò che è veramente importante per noi e quel che è peggio è che non ce ne accorgiamo fino al momento in cui non guardiamo al punto di partenza. Tornare a guardare in maniera concreta gli obiettivi ci permette di capire se abbiamo fatto strada o se ci siamo allontanati dal sentiero che avevamo tracciato.



La seconda domanda invece è una di quelle che non sento quasi mai fare durante i corsi manageriali o di docenze in università che tengo durante l’anno: “Cosa sono disposto a lasciare?”. Sappiamo infatti che il tempo è limitato e che quando vogliamo investire più risorse per raggiungere un obiettivo a noi caro dobbiamo identificare quali sono le attività, le energie e le risorse che occorre tagliare dal nostro bilancio personale. Siamo infatti esseri finiti e dobbiamo fare i conti ogni giorno con la nostra finitezza, identificando cosa conviene tralasciare in quanto non è più importante, scoprendo addirittura in certi casi che non lo è mai stato. Diverse ricerche testimoniano come raccontare in pubblico i propri obiettivi aumenti la possibilità di realizzarli, in quanto chi li enuncia sentendosi vincolato, sarà portato a impegnarsi di più nell’attuarli.
Condivido un esempio concreto di come sto declinando in modo operativo le due domande sopra citate.

Alla domanda su “quale obiettivo voglio raggiungere?” ho risposto che voglio concentrarmi sempre di più nello studiare metodologie che possano permettere alle aziende di selezionare i talenti migliori in meno tempo e con il rapporto giusto costo opportunità. Come infatti sto scoprendo sempre di più nel mio lavoro, se da una parte è vero che le aziende sono fatte di persone è ancor più vero che non basta qualunque persona per fare una grande azienda, ma occorre piuttosto un team di persone con gli stessi valori e metodologie di esecuzione ben allineate e coordinate tra loro. Rispondere alla domanda “cosa sono disposto a lasciare?” è ovviamente più difficile e per farlo sono partito da un’analisi su come investo il mio tempo durante l’arco di tutte le mie giornate, scoprendo così che esiste un sacco di tempo sprecato. Quest’ultimo non sta a indicare il riposo, ma proprio il tempo perso, ossia dedicato a fare attività che non portano a un gran valore aggiunto e che possono essere invece delegate ad altre persone del mio team, in modo tale che loro possano crescere e io concentrarmi su quelli che reputo essere gli obiettivi più strategici dei prossimi mesi.

In ogni caso più che sul piccolo esempio che ho voluto condividere, il mio invito finale è quello di riflettere non sulla “risposta perfetta”, ma sulla domanda strategica, perché come diceva Voltaire: “Giudica un uomo dalle sue domande piuttosto che dalle sue risposte”.

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