Abbiamo già accennato a come il ruolo del leader sia cambiato negli anni. Oggi un manager è un gestore di persone che coordina collaboratori sempre più autonomi sia nel raggiungere gli obiettivi, sia nel saper condividere costantemente le informazioni necessarie al team e al manager stesso. In modo abbastanza rapido si è passato negli ultimi decenni dalla figura del leader depositario di informazioni e dunque del potere, al leader capace di trasmettere il proprio sapere per far crescere i propri collaboratori. Un passaggio di cui abbiamo parlato precedentemente relativo a due modelli organizzativi differenti, uno più gerarchico e piramidale, l’altro più circolare e che lavora su obiettivi e risultati.
Seppur con sacche di resistenza e con diverse velocità, oggi il leader è colui che è in grado di far sviluppare le persone attorno a sé, è colui che riesce a far esprimere al meglio le capacità dei propri collaboratori ed è in grado di trasferire le informazioni necessarie ad accrescere fiducia, motivazione e ingaggio. Non c’è più o viene ben celata l’idea che far crescere i collaboratori sia un rischio per il proprio posto di lavoro.
La più grande difficoltà che oggi hanno i manager che incontro quotidianamente è la gestione dell’operatività. Da sempre grande limite per chi deve gestire persone, negli ultimi anni e soprattutto mesi, la situazione sembra essere ulteriormente peggiorata. I manager hanno un carico di operatività che talvolta non li differenzia troppo dai propri collaboratori, rendendo difficile il lavoro strategico e di gestione delle persone. Spesso in aula provoco i manager chiedendo se davanti a un problema di un collaboratore tendono a dare la soluzione o a fornire elementi che permettano di raggiungere in autonomia la soluzione, rimanendo a disposizione e non “sbolognando” la criticità. Naturalmente tutti vorrebbero far crescere le proprie persone, ma scadenze, urgenze e comodità portano spesso a dare la soluzione per fare prima.
Sicuramente il tema del tempo è sempre più attuale. Tuttavia mi permetto di suggerire che il tempo talvolta potrebbe essere un alibi. Sebbene non si possa ignorare il problema dell’operatività dei leader, specialmente dei middle manager. Uno dei migliori strumenti che un leader ha nelle sue mani per far crescere le persone e abbassare la propria operatività è la delega. Strumento fondamentale, che spesso non viene utilizzato nel modo corretto, sia per carenza di competenze, sia, e forse soprattutto, perché la delega ha bisogno di essere sostenuta da maturità, feedback, processi comunicativi di scambio di informazioni, motivazione e tutta una serie di dinamiche e processi che sostengono la delega e la rendono efficace.
Se, come detto in un articolo precedente, l’autonomia proattiva è una rivoluzione del modo nuovo di lavorare, un’altra piccola rivoluzione è il processo di monitoraggio delle attività e delle informazioni. Strumenti e approccio culturale che permettano a ogni membro del team e al manager di essere costantemente allineati su attività e informazioni, sia che ci sia presenza fisica, sia che ci si trovi in presenza virtuale. Chi scrive è convinto che la rivoluzione smart sarebbe dovuta partire da qui, ma una pandemia mondiale non ha permesso una pianificazione di questa rivoluzione e dunque le organizzazioni stanno lavorando a ritroso, cercando di costruire questo processo di monitoraggio dopo tre anni di lavoro dapprima emergenziale e poi un po’ confuso e un po’ smart.
Accanto al processo di monitoraggio è necessario lavorare sulla fiducia, che nel mondo del lavoro è il punto di partenza di questo articolo: permettere alle persone di esprimersi al meglio. Da manager non mi interessa dove siano le persone, cosa stiano facendo o quanto tempo effettivo dedichino a determinate attività. Come manager mi interessa come viene svolto il lavoro, a che punto siano le attività rispetto agli obiettivi e ai risultati, se le informazioni sono alla portata di tutti, se c’è crescita di competenze, se ognuno è coinvolto, motivato e soddisfatto del proprio lavoro. Siamo cresciuti nel mito di chi si fermava fino a tardi al lavoro, ma siamo sicuri che fermarsi fino a tardi sia sinonimo certo di un buon lavoro? Io non so rispondere, ma obiettivi e risultati specifici e misurabili sono in grado di evincere peculiarità e punti di miglioramento di chi lavora, permettendo ai lavoratori di rafforzare le competenze già acquisite e sapere quali siano quelle da acquisire. In questo modo chiunque lavora per obiettivi vuole essere valutato per il proprio lavoro.
C’è tuttavia un punto di attenzione importante, come spesso accade, e come abbiamo più volte visto, la relazione è determinante in ogni aspetto del lavoro in team. Un buon processo di monitoraggio ben costruito da un manager può essere ottimale per un collaboratore ed essere percepito come mancanza di fiducia da un altro. Non c’è giusto o sbagliato, ma c’è funzionale o disfunzionale. Non bastano i processi, servono anche le capacità relazionali ed è necessario creare sempre una cultura del feedback, che permetta di rendere i processi e gli strumenti funzionali e utili.
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