Parlare di leadership e di feedback sembrerebbe ridondante, essendo un tema che viene trattato da decenni, eppure, dopo tanti anni di lavoro con le organizzazioni, non sono in grado di affermare di aver incontrato una diffusa cultura del feedback nelle aziende con cui ho lavorato. Mi ritrovo spesso a pensare che qualche colpa dobbiamo averla anche noi formatori, perché da tanto tempo parliamo di uno strumento così importante, eppure il feedback continua a essere poco utilizzato nelle organizzazioni.
Sicuramente è una questione di abitudine, forse anche culturale, e probabilmente la mentalità tradizionale del manager direttivo tipico di molte aziende padronali non ha aiutato, ma c’è un tema che per molto tempo non è stato affrontato nelle organizzazioni: le emozioni. Per molto tempo il mondo del lavoro ha pensato che le emozioni fossero qualcosa che doveva rimanere a casa, fuori dagli uffici. Come se fosse possibile scindere la parte razionale da quella emotiva. Nel tempo l’approccio nelle organizzazioni è cambiato e le emozioni sono oggi considerate parte importante delle persone e dunque anche di chi lavora. Non solo, in un mondo del lavoro che sempre di più fonda la propria attività sul lavoro di squadra, le relazioni e la capacità di entrare in relazione sono sempre importanti. Dal momento che creare, mantenere e rendere funzionale una relazione richiede capacità emotive, ecco che le emozioni, che sono indissolubilmente legate alle persone, divengono necessarie per poter lavorare bene.
Il fattore emotivo è predominante nell’uso dello strumento feedback. Quando noi diamo un ritorno a un collega, a un responsabile o a un collaboratore, noi ci stiamo esponendo e stiamo comunicando a un altro essere umano qualcosa che sta funzionando molto bene o comportamenti che non sono funzionali.
Molte persone sono stressate dal dovere restituire feedback, sia che siano di correzione, sia che siano positivi. Nel dare un feedback è importante avere chiaro cosa stiamo facendo. Innanzitutto è necessario agire nella sfera dei comportamenti e non in quella personale. Non si tratta mai di un giudizio sulla persona, ma un messaggio supportivo sui comportamenti. Non determina come siamo, ma suggerisce modalità migliori di azione o conferma comportamenti positivi. Un’altra regola importante, spesso dimenticata, è che il feedback è sempre orientato al futuro, altrimenti diviene più una “caccia alle streghe”, una ricerca del colpevole. Invece è uno strumento che permette di crescere e dunque deve essere orientato a cosa è possibile fare da ora in poi per essere più efficaci o permanere nell’efficacia.
Molto spesso il feedback è una risposta emotiva più che un messaggio costruito e pianificato. Qualcuno non ha fatto qualcosa che doveva fare e rabbia, preoccupazione e stress mi portano a trasmettere un messaggio mosso dall’emotività che difficilmente potrà essere costruttivo e relazionale. Nel mio open space c’è rumore e mi viene da dire ad alta voce “potete abbassare la voce, porca miseria, che non riesco a concentrarmi!”. Entro in ufficio e il collega, come spesso accade, non mi saluta e io sbotto in un “almeno salutare la mattina sarebbe il minimo della buona educazione”. Tutti esempi di emotività che prende la parola e che tendenzialmente non è efficace e annoverabile tra i feedback.
Da ultimo, ma non per importanza, un feedback deve essere specifico, puntuale, oggettivo e deve mantenere, e possibilmente migliorare, una relazione. L’abbiamo già visto, non c’è comunicazione senza relazione. E ora arriva il difficile e forse il bello delle dinamiche umane. Dunque, se una persona restituisce un feedback specifico, ben costruito, che migliora la relazione, che è orientato al futuro, che cerca lo sviluppo dell’interlocutore ed è focalizzato sul comportamento, questo feedback sarà efficace?
La risposta è: dipende. Sì, perché è anche necessario saper ricevere un feedback. L’aspetto emotivo può prendere il sopravvento anche in chi sta ricevendo il feedback, diminuendo di molto o addirittura chiudendo ogni possibilità di comunicazione. Saper ricevere un feedback significa accettare il messaggio, sospendere il giudizio e resistere alla tentazione immediata della giustificazione. Abbiamo bisogno di elaborare il messaggio che qualcuno ha pensato per noi, e poi in un secondo momento, a mente fredda, senza interferenze emotive d’istinto, è possibile confrontarsi sul feedback ricevuto. Io consiglio qualche ora dopo, ancora meglio il giorno dopo.
Il feedback, pianificato, pensato e strutturato è un dono, è uno strumento di crescita, di motivazione, è un modo per creare fiducia e relazione, è lo strumento necessario per lavorare per obiettivi e nella distanza. Insomma, uno strumento antico, che diviene ancora più imprescindibile nel nuovo mondo del lavoro.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI