Spesso durante i corsi e docenze che tengo nelle Università o Business School mi chiedono: «Come si può riconoscere se qualcuno ci sta manipolando o, nel migliore dei casi, persuadendo?». Ciò che rispondo sempre è che tanti leader attualmente hanno capito che, per trainare le persone dove vogliono, anziché usare l’Io devono usare il Noi.
Questa parola è tanto affascinante quanto pericolosa: se provassimo a scomporla, noteremmo che contiene le lettere che compongono la parola Io. Per cui il Noi può essere usato intendendolo come un “Io più altri” oppure ricorrendo al plurale maiestatis. Attraverso questa espressione latina si indicava che qualcuno, parlando di sé, usava comunque il Noi ma essendo l’unico soggetto a compiere l’azione. Un esempio può essere rappresentato da un discorso tipico di un Amministratore delegato che, parlando, dice: «Abbiamo deciso che andremo a investire all’estero»; peccato che la decisione sia stata presa unicamente da lui senza il coinvolgimento di collaboratori o partner.
Ci sono anche coloro che, in buona fede, usano la dimensione del Noi non tanto in chiave manipolatoria ,ma per costruire relazioni. Ecco, quindi, un suggerimento. Non si può arrivare al Noi, meta a cui – tutti concordiamo – sarebbe bello arrivare, per avere organizzazioni più stabili, più integrate, più profittevoli, senza passare attraverso il Tu, ovvero attraverso l’incontro dell’altro. Ciò significa che ci deve essere per forza un momento, nella dinamica relazionale, in cui prima si passa dall’Io al Tu: solo dopo questo passaggio, può nascere qualcosa di nuovo e di maggior valore che è il Noi.
Il Metodo O.D.I.®, che segna il passaggio dalla Comunicazione efficace ed egoriferita alla Comunicazione strategica, la quale serve per costruire relazioni durature nel tempo, afferma proprio questo: dalla fase dell’Osserva a quella del Domanda si passa dall’Io al Tu; dalla fase del Domanda all’Intervieni si realizza il passaggio dal Tu al Noi. Il miglior strumento per dare potere e valore al Tu è, infatti, il Domandare, ovvero porre domande aperte per lasciare aperta la possibilità al proprio interlocutore di dire ciò che pensa e ciò che prova. Alcune domande aperte da rivolgere possono essere:
– Cosa è importante per te?<
– Con chi vorresti collaborare?
– Cosa posso fare per aiutarti?
– Come potresti collaborare e contribuire all’obiettivo?
Nella fase dell’Intervieni, invece, le ipotesi identificate dall’Io e quelle aggiunte dal Tu si fondono attraverso la co-progettazione, che porta alla creazione di qualcosa di diverso e di più importante, ovvero alla realizzazione di un intervento co-progettato e quindi strategico.
Dunque, a chi vuole essere un leader inclusivo che usa il Noi ricordo di Domandare prima di Intervenire dando spazio al Tu. Viceversa, a chi invece non vuole essere manipolato o portato in luoghi dove non vuole andare suggerisco di appurarsi che ci sia stata una fase nel processo e nella relazione comunicativa in cui qualcuno gli abbia chiesto veramente cosa pensasse, che opzioni volesse mettere in realtà sul tavolo e che alternativa avrebbe proposto.
Avremo quindi magari persone meno ciecamente convinte di guidare team e gruppi più lenti alla partenza, ma sicuramente più rapidi dopo che si saranno allineati a livello profondo su tutti gli interessi.
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