Quella dell’HR è oggi una professione strategica. La responsabilità per la gestione e lo sviluppo delle risorse umane all’interno di un’azienda, comunemente declinata in mansioni quali, ad esempio, il reclutamento, le relazioni sindacali e la mobilità del personale si è ora evoluta con la necessità di competenze finance e legal, oltre che di aspetti empatici ed emozionali. Per tale motivo è sempre più difficile per i giovani rimanere aggiornati e trovare offerte formative adeguate al ruolo. Il Professor Luca Quaratino, Direttore del Master in Communication e HR presso l’Università IULM, ci permette di far chiarezza.
Quali sono le competenze necessarie per lavorare nel campo HR?
Il linguaggio di base dei processi HR, dalla selezione allo sviluppo, è un prerequisito indispensabile. Oltre a ciò la conoscenza del business è fondamentale. Gli studenti mi dicono spesso che vogliono lavorare nel mondo HR perché amano stare con le persone, ma serve prima di tutto una conoscenza profonda del business, per poter risultare credibili verso i vertici e i colleghi di linea. L’altro ambito è legato alle dimensioni legali e normative, in quanto l’incidenza di questi aspetti è sempre più forte nelle dinamiche aziendali e spesso, oggi, si arriva a raggiungere le posizioni più alte in azienda grazie ad esperienze sia di finanza che del mondo legal. Infine, vorrei aggiungere un elemento “fuori dal coro”, ovvero i sentimenti: una cara amica mi ha illuminato su quanto sia determinante la gestione dei sentimenti per il buon funzionamento di un’impresa e sul ruolo “educativo” che l’HR deve avere in questo ambito. Mi chiedo se nessuno pensi mai a quanto fanno male al business, oltre che alle relazioni, atteggiamenti negativi come la superbia manageriale o l’invidia.
Da dove nasce l’alleanza tra comunicazione e HR che dà il nome al suo Master e perché è così fondamentale?
L’alleanza nasce dalla traiettoria evolutiva del mondo HR. Se dovessimo raccontare la storia di questa professione diremmo che in principio, negli anni ’70 quando dominava la grande industria manifatturiera, era molto incentrata sulle relazioni industriali e su una solida conoscenza amministrativa; poi tra gli anni ’80 e ’90 è cresciuta la rilevanza dei temi legati allo sviluppo delle risorse, quali formazione, valutazione del potenziale, ecc.; per arrivare infine alla tappa odierna in cui al centro dei problemi quotidiani di cui un HR deve occuparsi vi è la gestione della dimensione comunicativa. La parola “magica” usata oggi in questi contesti è engagement e il livello che abbiamo misurato all’interno delle imprese italiane è piuttosto basso, nonostante sia essenziale per garantire il vantaggio competitivo. E l’engagement è strettamente correlato ai processi comunicativi: ascoltare le persone, raccogliere i suggerimenti, valorizzare i contributi e far fluire dall’alto le informazioni necessarie a far sentire le persone appartenenti alla propria azienda ma anche capaci di agire sulla base di una visione più ampia dei problemi. Quindi è necessario che un HR sia fortemente qualificato sotto questo aspetto.
Ci fa una panoramica del master Communication & HR all’Università IULM?
Siamo partiti dalla constatazione che l’offerta di formazione post-universitaria per l’HR è oggi polarizzata tra due estremi, figli dell’evoluzione storica sopra descritta: da un lato legata agli aspetti “hard”, quindi le relazioni industriali e l’amministrazione del personale, dall’altra parte agli aspetti “soft”, il reclutamento, l’attraction e lo sviluppo di potenziale. Noi abbiamo cercato di mettere insieme queste due aree di contenuto, ponendo dei solidi pilastri di fondo – ad esempio, per garantire la massima qualità sulla parte relativa agli aspetti normativi, abbiamo una partnership con Lab Law, un primario studio di giuslavoristi – per poi aggiungere il “tocco IULM”, vale a dire il focus sulla comunicazione, che ci mette al passo con le esigenze più recenti dell’HR. Abbiamo così inserito una parte molto consistente legata alla gestione della comunicazione organizzativa, sia sui canali tradizionali che attraverso i nuovi media, per preparare al meglio le persone HR a gestire la comunicazione interna ed esterna e, più in particolare, il processo di digitalizzazione.
Che ruolo hanno la formazione continua e le soft skills per una figura come questa?
Il tema è delicato perché partiamo da un passato penalizzante per questo mondo, basti pensare che uno dei modi più gentili con cui veniva definito l’HR in passato era il “braccio armato del vertice”. Ora questa professione è in una fase di fortissima trasformazione e diventa ogni giorno più rilevante il suo ruolo nel promuovere e nell’accompagnare i processi di cambiamento organizzativo che il contesto competitivo e l’esigenza di innovazione continua impongono. E per essere un efficace e credibile agente di cambiamento, le soft skills diventano un asset cruciale: nel momento in cui ti stacchi dal ruolo tradizionale di “braccio armato” che parla a nome del vertice e ti vuoi qualificare come un interlocutore autonomo e credibile, doti quali leadership, negoziazione ed efficacia comunicativa risultano fondamentali come alternativa all’autorità gerarchica.
(Luca Brambilla)