Quando sono in università nei master o in aule di formazione a intervenire su temi come la negoziazione mi soffermo spesso sull’importanza che ha la preliminare fase di ascolto in cui occorre che emergano gli interessi e soprattutto le posizioni dei soggetti chiamati in causa. Come abbiamo già ricordato in un altro articolo, con posizione intendiamo la richiesta fatta da una delle parti contrapposta invece al bisogno, l’esigenza che realmente voleva soddisfare con tale richiesta. Per quanto possa sembrare strano, tutti noi siamo abituati a parlare più per posizioni che non per interessi, un esempio concreto ci aiuterà a capire meglio.
Durante un pranzo di famiglia ero seduto a un tavolo con diversi dei miei parenti e a un certo punto durante una partita a carte è avvenuto questo bel siparietto. Un mio cugino voleva dell’acqua e mio papà prontamente gliela ha portata. Un altro mio cugino ha chiesto invece dell’acqua tonica di cui sperava ce ne fosse una bottiglia nel frigo visto che mio papà la apprezza particolarmente. Dopo pochi minuti, io ho chiesto a mio padre (ormai deputato a “cameriere” al servizio dei giocatori) se potesse portarmi il meglio da bere che avevamo in casa e poco dopo, mi è arrivato un calice di Dom Perignon avanzato dalla sera prima. A quel punto i miei cugini si sono lamentati del fatto che anche loro volevano lo champagne e la mia risposta è stata: “Voi avete ottenuto esattamente ciò che avete richiesto”.
Al di là del simpatico aneddoto, questa storia mostra come spesso ci sia uno scollamento tra ciò che chiediamo e ciò che realmente desideriamo. I miei cugini infatti non volevano semplicemente dell’acqua, ma qualcosa di buono da bere per alleviare la tensione della partita. Questa situazione accade non solo in occasioni casalinghe come quella appena raccontata, ma anche su tavoli di importanti negoziazioni in cui la gente è contenta di aver ottenuto ciò che ha richiesto fino al momento in cui scopre che poteva ottenere molto di più.
In classe, infatti, faccio fare diverse esercitazioni affinché emerga in maniera chiara che un bravo negoziatore quando riceve un mandato dal suo cliente deve comprendere non solo la posizione espressa, ma anche l’interesse nascosto dietro questo.
Per aiutare al meglio i negoziatori ho creato il metodo O.D.I.® che individua i passaggi essenziali per un’effettiva comunicazione strategica e quindi per la creazione di una relazione che tenga conto e valorizzi delle reali esigenze dei soggetti. I passaggi sostanziali del metodo O.D.I.® dicono che prima occorre osservare, poi domandare e infine intervenire. Nella fase dell’osservazione vengono fatte emergere le posizioni, nella fase della domanda il negoziatore o mediatore va a scoprire i reali interessi dietro le posizioni e solo dopo interviene proponendo una soluzione che abbracci tutti gli interessi esposti precedentemente.
Applicando questo metodo a un famoso caso creato dall’università di Harvard possiamo apprezzarne l’effettiva praticità e concretezza. In una stanza vi sono dei dipendenti che stanno battibeccando perché il primo vuole tenere l’unica finestra dell’ufficio aperta e il secondo invece la vuole chiusa. Un terzo dipendente che si trova in una seconda stanza viene attirato dalla discussione che si fa via via sempre più animata tra i suoi colleghi. Al che domanda qual fosse l’origine del conflitto e prontamente il primo risponde che voleva tenere la finestra aperta, mentre il secondo la voleva chiusa. Questa è la fase che denomino “osserva”, quindi quella in cui si prende atto delle ragione del conflitto. Seguendo l’O.D.I.®, il terzo dipendente potrebbe chiedere a entrambi che cosa otterrebbero con la finestra aperta oppure chiusa. Il primo ovviamente risponderebbe che con la finestra aperta potrà far entrare un po’ di fresco nella stanza, mentre il secondo invece dichiarerà che non vuole sedersi accanto a una finestra aperta per non avere poi il torcicollo.
Una volta fatte emergere le reali esigenze dei due soggetti si conclude la seconda fase, quella chiamata “domanda”. A questo punto sarà più facile sia per i due dipendenti che per il terzo, nel ruolo di mediatore, trovare una soluzione che potrà essere come nel caso della storia originale quella di aprire una finestra in un’altra stanza per far circolare l’aria senza far prendere il torcicollo al poveretto adiacente alla finestra; oppure far scambiare di posto i due dipendenti affinché chi vuole la finestra aperta abbia anche l’onere di starci accanto evitando così che l’altro peggiori il suo torcicollo. Ciò che emerge comunque è che la soluzione deve essere sempre co-progettata dai contraenti e mai calata dall’alto, in modo tale che possa essere più ben accetta. L’altro aspetto è che la co-progettazione può avvenire in maniera efficace solo dopo l’esplicitazione dei reali interessi e il superamento delle posizioni.
È per questo che la terza fase denominata “intervento” avviene dopo ben due fasi, osservare e domandare, perché senza queste non si riuscirà ad arrivare realmente a sciogliere il conflitto.