Seguendo lo schema della persuasione ideato dalla professoressa Tali Sharot, affrontiamo il tema delle emozioni. Per persuadere le persone, infatti, bisogna farle emozionare, o, per dirla in maniera più neuroscientifica, bisogna “far sincronizzare i cervelli”. Si è scoperto, infatti, che quando le persone vivono la stessa forte emozione, i rispettivi cervelli sono caratterizzati da vibrazioni neurali pressoché identiche, come se seguissero lo stesso direttore d’orchestra. La Sharot sostiene infatti che “il nostro cervello è fatto in modo da trasmettere rapidamente le emozioni a un altro, perché le emozioni spesso veicolano informazioni importanti sull’ambiente”.



Sono stati svolti numerosi esperimenti che indicano la connessione neurale-emotiva tra le persone e quello che più mi colpisce è uno studio condotto a San Francisco dalla psicologa Wendy Mendes con il suo team. L’esperimento ha visto partecipare sessantanove donne e i rispettivi bambini; lo scopo era quello di indurre in stress le madri e osservare le reazioni dei figli. Una coppia di madri, ad esempio, è stata fatta allontanare dalla stanza in cui stava con i propri figli. Mentre questi sono rimasti con un’altra persona a giocare, le madri sono state accompagnate in due diverse stanze. A entrambe è stato chiesto di parlare dei propri punti di forza e di debolezza, ma con una differenza sostanziale: la prima avrebbe parlato in una stanza vuota, mentre la seconda di fronte a una giuria arrabbiata e scontrosa. I sensori collegati alle due donne hanno misurato una diminuzione del battito cardiaco nel soggetto che aveva sostenuto la prova “rilassante”, e un forte aumento invece è stato rilevato nella madre che ha affrontato la giuria.



Dopo la prova, le madri sono tornate dai rispettivi figli e di questi ultimi sono stati analizzati i battiti cardiaci. L’esito? Il figlio con la madre rilassata è entrato in sintonia con lei in breve tempo, facendo rilevare una diminuzione della propria frequenza cardiaca, mentre il bimbo con la madre stressata si è agitato, mostrando un aumento del proprio battito. Oltre a questo, molti altri esperimenti hanno confermato le relazioni emotive tra le persone, anche quando non vi è uno scambio verbale di contenuti.

Ora la classica domanda che accompagna questa serie di articoli: come usare queste conoscenze in azienda? Ritengo che gli spunti operativi siano molti, a partire dalla concezione di leadership, la quale, per essere realmente attrattiva, deve mostrare congruenza tra gli aspetti verbali e quelli non verbali, relativi quindi al comportamento e ai gesti. Se, infatti, una persona non ha un atteggiamento da leader trasmetterà solo timore, tensioni, le quali finiranno per abbassare le prestazioni dell’intero team.



Un altro campo in cui ho potuto testare l’efficacia di questi studi è quello dei discorsi pubblici. Verso ottobre, infatti, un imprenditore mi ha chiamato nella sua azienda per affidarmi il difficile compito di scrivere con lui il discorso di Natale. L’obiettivo era ambizioso, perché l’azienda quell’anno avrebbe festeggiato non solo un importante risultato economico, ma anche un anniversario storico della sua fondazione. All’inizio il pitch del mio cliente era pieno di tabelle che mostravano l’ingente quantità di denaro che aveva distribuito ai suoi dipendenti e la crescita continua degli ultimi anni. In poco tempo quei grafici sono finiti, pur con grande rispetto, nel cestino e al suo posto sono stati elencati dei momenti che avevano realmente emozionato il “grande capo” e che lo avevano spinto a compiere certe scelte coraggiose in un mercato stagnante.

Non ho potuto resistere alla curiosità e così, la sera del discorso, sono andato a osservare come sarebbe andata. Il “grande capo”, a un certo punto, ha preso la parola, senza tuttavia andare sul palco da cui avevano parlato gli altri manager. Ha raccontato alcuni semplici fatti che lo avevano colpito e gli avevano dato quella “scintilla di follia” per investire sulla propria azienda. Dal punto di vista tecnico non è stato un discorso impeccabile, perché quell’uomo non è uno “showman” e non avevamo avuto il tempo di fare le mie amate prove di regia. Nonostante questo, la sincerità con cui aveva condiviso fatti ed emozioni aveva ricreato quella famosa sincronizzazione di cervelli (e di cuori) di cui parlavo precedentemente. Alla fine del suo discorso tutti stavano applaudendo e chi non lo faceva si asciugava le lacrime dalla commozione.

Quindi ricordiamo ai leader e a chi comunica per la propria azienda che il modo più efficace per farlo è condividendo le proprie emozioni. Il cervello farà il resto.