Le aziende famigliari sono una realtà importante in Italia, sia dal punto di vista del loro numero che del fatturato che generano e del valore culturale apportato alla società. Esse riescono a bilanciare una giusta ricerca del profitto con un impatto culturale positivo nella società. Uno dei grandi temi che le aziende famigliari da sempre devono affrontare è quella del passaggio generazionale, che permette all’azienda di continuare a tramandare i propri valori nel tempo e quindi di crescere.



Partiamo con il dire che non sempre è possibile effettuare un passaggio generazionale: talvolta non sono presenti eredi o, se presenti, non sono interessanti a prendere l’eredità dell’azienda famigliare, preferendo venderla per continuare la propria carriera professionale. Tale casistica, molto frequente, sarà affrontata in un articolo successivo, in cui racconterò come i soggetti che intendono acquisire un’azienda che non può conseguire un passaggio generazionale dovranno tenere a mente che si tratta di un processo complesso, che ha le sue peculiarità che meritano di essere affrontate in uno spazio a sé stante.



In questa sede vorrei evidenziare alcuni elementi che reputo molto importanti quando vi sono le caratteristiche oggettive e soggettive per far avvenire il passaggio generazionale. Gli elementi che sto per condividere sono tratti da una triplice fonte: la prima proveniente dall’attività accademica, la seconda dell’attività consulenziale come Direttore dell’Accademia di Comunicazione Strategica e la terza come quarta generazione di un’azienda famigliare che ha superato i 100 anni di storia.

Innanzitutto, il passaggio generazionale deve essere visto come un processo, quindi una dinamica che si sviluppa nel tempo costituito da fasi e sottofasi chiare e strutturate. Non si tratta banalmente di un “passaggio di testimone” in cui il padre lascia ai figli lo scettro del potere, ma di un passaggio di deleghe e responsabilità giuridiche, economiche e organizzative, con lo scopo di trasmettere e rinnovare quei valori e quelle competenze che hanno permesso all’azienda di nascere e crescere nel tempo. 



In secondo luogo, essendo un processo che ha dentro di sé elementi legati ad aspetti concreti e misurabili, come quelli giuridici ed economici, occorre che vi sia chiarezza sugli obiettivi che il nuovo responsabile erede deve raggiungere per essere dichiarato pronto per succedere alla guida dell’azienda famigliare. Imprescindibile da un lato la chiarezza strategica e l’identificazione degli obiettivi da parte di chi guida l’azienda, dall’altro è molto utile un aiuto esterno di tecnici e consulenti che permettano di identificare in maniera strutturale il passaggio di deleghe e potere legate alla proprietà e agli aspetti organizzativi. 

Infine, vi è un terzo punto che troppo spesso è sottovalutato, ma le tre fonti di esperienze sovracitate ne sottolineano l’importanza: quello relazionale. Vi sono molti casi nei quali i passaggi generazionali non sono andati a buon fine non perché mancava un erede o perché l’azienda andava male, ma perché era mancata un’intesa profonda sul tipo di leadership e visione strategica che avrebbe dovuto implementare l’erede. 

Per dare un contributo sostanziale, legato al tema della leadership e delle competenze relazionali, in Accademia di Comunicazione Strategica abbiamo creato i Master One to One che hanno come scopo quello di fornire agli eredi quelle competenze relazionali, negoziali e organizzative che gli permetteranno di guidare un’azienda, a prescindere dal fatto che essa sia una pmi o una multinazionale leader di mercato. Questo tipo di supporto formativo risulta essenziale per almeno tre ragioni: prima di tutto gli eredi si trovano a lavorare in un contesto professionale molto più complesso rispetto a quello dei fondatori o dell’ultima generazione famigliare. Basti pensare a come l’internalizzazione e le rivoluzioni tecnologiche hanno stravolto le vecchie regole del gioco, rendendole complesse e variabili. Le competenze nel gestire le complessità non possono essere del tutto formate dal “vecchio” proprietario dell’azienda, considerando che si è formato in un’epoca diversa da quella attuale. 

In secondo luogo, è sempre più evidente vedere come l’essere imprenditore e visionario non coincida necessariamente con l’essere anche un grande mentore, e questo solo chi ha uno sguardo libero e realista riesce a rendersene conto. Occorre che la proprietà dell’azienda trasmetta valori, ma che dall’altra un soggetto terzo insegni le più strategiche tecniche per affrontare nuove sfide. Infine, anche in questo caso un soggetto terzo può favorire il dialogo e il passaggio generazionale, comprendendo e valorizzando sia gli interessi della generazione che guida l’azienda che quella che vi sta per succedere. In quanto soggetto esterno riuscirà in maniera meno personalista a vivere questi aspetti rimanendo in ultima battuta un “alleato della nuova generazione“. Perché, ove possibile, è meglio che la nuova generazione succeda alla vecchia senza che quest’ultima venga interrotta bruscamente. 

Per far questo ci sarà un innesto di competenze legate alla comunicazione strategica e alla negoziazione, attraverso una valorizzazione dell’apporto originale che porterà la nuova generazione. Intendendo con originale la capacità di tornare alle origini dei valori che hanno reso grande l’azienda e innovare, ossia dare una risposta nuova che possa abbracciare il passato.

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