In Italia le aziende familiari rappresentano circa l’85% del totale. Ecco, dunque, che la capacità di gestire al meglio un passaggio generazionale risulta estremamente rilevante. Lavorando a stretto contatto con imprenditori di ogni dimensione assisto continuamente a questi delicati processi di trasmissione di valori, conoscenze e abilità. Questo articolo si propone di fornire alcune linee guida su come affrontarli nel modo più strategico.
1) Gestione dell’ego. Un passaggio generazionale ha come protagonisti due soggetti: chi tramanda e chi riceve. È però il primo che detiene il reale potere di avviare la delega. Spesso si tratta di un imprenditore esperto e consapevole delle proprie abilità professionali, che potrebbe avere un freno psicologico nell’accettare che il suo successore possa persino superare il suo livello di performance. Uno dei principali ostacoli alla delega è rappresentato dall’ego, dalla resistenza a negoziare con sé stessi per il bene dell’azienda. Per citare un esempio storico, Bernardo Caprotti è stato considerato platealmente un imprenditore geniale, la cui capacità di generare valore è ancora evidente ogni qualvolta si varca la soglia di un supermercato Esselunga. Al tempo stesso, analizzando i recenti conflitti tra i figli riportati dai media, si evidenzia come il progetto su cui ha forse fallito è proprio il passaggio generazionale, che non è riuscito a condurre fino in fondo in maniera concreta ed elegante.
2) Supporto della comunità. Per quanto il rapporto tra i due soggetti sia stabile e sereno, è inevitabile che durante il processo si verifichino dei naturali momenti di tensione emotiva. Per alleviarli e gestirli al meglio è determinante poter contare su un nucleo ristretto di persone, siano essi manager dell’azienda storici, altri membri della famiglia, avvocati, commercialisti o esperti di negoziazione.
3) Consapevolezza del processo. Per descrivere il trasferimento di un’impresa da una generazione all’altra ci si avvale spesso dell’immagine del passaggio di testimone. Per quanto evocativa, questa definizione genera uno storytelling errato, descrivendo il passaggio generazionale come un singolo atto. Si tratta in realtà di un processo che necessita di essere graduale, che è composto da fasi e sottofasi, tempistiche e KPI (indicatori chiave di prestazione) condivisi.
4) Analisi del valore. Fondamentale è che il passaggio avvenga a fronte di un reale merito da parte del delegato. Occorre analizzare in maniera seria e oggettiva se l’erede sia realmente desideroso di accogliere la delega e al tempo stesso se possieda il talento o sia disponibile a mettersi in gioco per formarsi adeguatamente. Ciò permette da un lato di alleggerire la malsana pressione, a volte inconsapevole, che spesso viene caricata sui figli/eredi, dall’altro di valutare se la persona possa effettivamente apportare valore all’impresa.
5) Co-progettazione. I due protagonisti del passaggio generazionale devono gestirlo non tanto seguendo una ricetta precostituita, ma co-progettando un patto che sia sostenibile, ovvero che generi soddisfazione a tutti gli elementi coinvolti: in primis i diretti interessati (Io), gli stakeholder interni ed esterni dell’azienda (Tu) e il contesto sociale e culturale in cui operano (Contesto).
Concludo dicendo che il vero successo di un imprenditore non si misura solamente con ciò che ha costruito, ma con la capacità e l’umiltà di trasferire il suo sogno a chi verrà dopo di lui.
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