Le aziende si sono accorte che siamo in mezzo a una guerra, ovvero quella della ricerca dei talenti, e, se proprio si vuol essere sinceri, della ricerca delle persone. Risulta sempre più difficile per le aziende trovare le persone adatte col corretto costo opportunità per proseguire con la progettualità di uno sviluppo aziendale.



A seguito di queste problematiche, diverse aziende si sono rivolte all’Accademia di Comunicazione Strategica per impostare una ricerca che si è tradotta in un libro intitolato Saper Scegliere. Processo di Selezione Strategica, dove è stato scritto nero su bianco come le aziende possono affrontare il processo di selezione in modo strategico.



In questo testo io e altri professionisti del campo HR abbiamo illustrato il modus operandi che reputiamo più utile. Occorre far sì – per prima cosa – che la selezione del personale sia non un processo reattivo, bensì proattivo. Tra i due tipi vi è una differenza sostanziale. Il processo reattivo prevede che chi si occupa della selezione del personale, ovvero l’HR, risponda all’esigenza di assumere una nuova figura all’interno di una determinata area aziendale come soluzione a un problema esistente. Nel processo proattivo, invece, a seguito di un confronto con i vertici aziendali, è l’HR che guida il processo di selezione dal primissimo istante. Ciò significa intraprendere un processo che è a supporto della strategia aziendale così come dovranno esserlo le persone scelte; strategia che deve essere chiara e condivisa con tutti gli stakeholder interni.



Un secondo aspetto toccato all’interno del libro è che il processo di selezione deve essere guidato dall’azienda e, non come spesso ancora accade, subappaltato a professionisti esterni, siano essi head hunter o società interinali. Infatti, solo chi vive la quotidianità aziendale ne conosce la cultura e le diverse sfaccettature e sa identificare meglio di altri quale sia la persona giusta da assumere nel ruolo e posto.

Il terzo tema affrontato in Saper Scegliere riguarda propriamente la selezione del personale, che – a differenza di quel che si pensa – non si esaurisce nell’atto del colloquio, ma è un vero e proprio processo. Tale processo va dall’analisi aziendale a supporto della strategia fino ai vari colloqui che porteranno conseguentemente all’assunzione e che saranno seguiti dall’onboarding.

Oltre ad attrarre e assumere talenti e tenere, quindi, conto dei propri bisogni, un processo di selezione strategica del personale prevede che l’azienda consideri anche gli interessi dei candidati. Così facendo, saprà cosa le persone assunte desiderano e come valorizzarle per far sì che queste non “fuggano in futuro e abbiano costanti stimoli e opportunità di crescita da e nel proprio lavoro.

Come cita il testo, «la selezione del personale non è una valutazione unipersonale, bensì una scelta reciproca». Cosa significa? Che non è solo l’azienda a selezionare il candidato più adatto alle sue esigenze, ma è anche la persona selezionata che sceglie proattivamente la realtà a cui dedicare il suo tempo, le sue forze, le sue capacità e in cui portare e far crescere il proprio talento.

Proprio per questo motivo, definire la selezione del personale come un “processo” vuol dire riconoscere che si tratti di un processo “senza fine”, nel senso che è bene che ogni persona si rimetta in discussione ogni giorno a livello professionale e lavorativo così da poter comprendere qual è il contributo che è chiamato dare per la sua crescita personale e soprattutto per la crescita dell’azienda.

Non scegliere è assolutamente impossibile, diceva Jean-Paul Sartre. Saper scegliere è un’arte che si può e si deve apprendere, aggiungerei io.

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