Da decenni si parla di comunicazione, una tematica complessa e molto articolata. Molto spesso le organizzazioni mi chiedono corsi avanzati, ma a ben vedere i corsi base non sono stati ancora ben assorbiti. In questo scenario complesso, oggi abbiamo una nuova forma di comunicazione, quella che possiamo chiamare comunicazione digitale o smart. Un modo di comunicare che lo stravolgimento del mondo derivato dalla pandemia ha amplificato enormemente evidenziando limiti e abusi.



Negli ultimi anni sono aumentati i canali di comunicazione, ma senza una corretta padronanza degli strumenti le comunicazioni sono aumentate a dismisura. Non è raro ricevere una comunicazione via mail e successivamente la stessa comunicazione tramite istant messaging, telefonata, video call, documento condiviso o altri canali. Ormai siamo abituati a utilizzare diversi strumenti di comunicazione per lo stesso messaggio: un uso irrazionale che ha portato a una confusione totale nelle organizzazioni.



È necessario fare ordine e comprendere la peculiarità dei diversi strumenti a propria disposizione. Una volta, un partecipante in un’aula mi ha chiesto: “Oggi abbiamo 6 o 7 diversi strumenti per comunicare internamente: servono tutti?”. Una bellissima domanda da porsi all’interno del proprio team e organizzazione. Forse servono tutti, forse solo alcuni, ma ancora più importante è decidere insieme a cosa serve ciascun strumento.

Ancora una volta ci devono venire in soccorso consapevolezza e intenzionalità, parole chiave dello smart working. Se mi muove l’automatismo, io invio mail per qualsiasi comunicazione. Sono 20 anni che scrivo mail, potrei dire di essere un inviatore seriale di mail. Se mi fermo, però, qualche secondo a riflettere, uso poche mail e utilizzo altri strumenti più idonei per le mie comunicazioni. Mi è capitato di richiamare mail inviate senza pensare, in automatico, perché mi sono accorto non essere lo strumento corretto per il messaggio che dovevo comunicare.



Dunque come possiamo orientarci tra gli strumenti? Servono regole condivise, possibilmente costruite insieme dall’interno e non calate dall’alto. Serve anche una capacità da sempre importante, ma che, oggi, lo è ancora di più: pensare alla comunicazione partendo da chi riceverà il messaggio. Così facendo scriverò il documento non solo focalizzandomi sul contenuto, ma anche orientandomi a chi dovrà usufruirne, schematizzando il più possibile e facendo emergere i concetti chiave. La mail verrà pensata per chi dovrà leggerla e nei messaggi delle chat invece di scrivere tanti piccoli messaggi, come viene fatto nella vita privata, si cercherà di scrivere un unico messaggio con tutte le informazioni importanti per chi deve ricevere la comunicazione. Dopotutto se in ogni organizzazione ognuno si fermasse qualche secondo per riflettere sulla reale utilità della mail, su chi può essere realmente interessato a una simile mail, per decidere chi è opportuno partecipi a una riunione, escludendo quelli che non lo sono dall’invio, o su come strutturare al meglio un virtual meeting, si assisterebbe a una diminuzione drastica di comunicazioni veicolate male o con troppi strumenti.

In maniera provocatoria potremmo ipotizzare un costo, anche irrisorio, dello strumento mail. Pensate se ogni mail costasse all’azienda 1 euro. I costi sarebbero alti da sostenere. Quando si inviavano i fax o le lettere, tra costi e limitatezza degli strumenti, le comunicazioni erano inferiori. Pensando alla nostra vita privata, con i rullini delle foto eravamo costretti a pensare bene a come utilizzare quelle 24 foto, mentre oggi ne scattiamo a centinaia e ne teniamo migliaia nel cellulare senza più riuscire a vederle tutte. Mandavamo sms ben studiati quando erano a pagamento, mentre oggi le chat di whatsapp pullulano di decine di messaggi a ciclo continuo.

Ecco, dovremmo avere per gli strumenti di comunicazione sul lavoro (e perché no, anche nella vita) quella stessa cura che avevamo quando eravamo costretti dalla limitatezza degli strumenti e delle risorse, ma non più per costrizione, bensì per scelta e intenzionalità. Il passaggio dall’automatismo e dalla costrizione alla consapevolezza e all’intenzionalità è il cambio culturale più difficile richiesto oggi. Un cambio culturale che richiede maggior consapevolezza nell’utilizzo di tecnologie che sono diventate strumento pericolosamente automatico e abitudinario nelle nostre mani.

Servono regole condivise, create in modo collaborativo tra tutti gli attori in gioco e un lavoro culturale che permetta a tutti di poter percorrere questo cambio culturale necessario oggi, riuscendo a dare valore alla comunicazione anche tramite canali gratuiti, senza esserne aggiogati.

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