Un’espressione che ritengo estremamente vera è la seguente: «un aneddoto, mille verità». Significa che dentro un aneddoto di storia vissuta reale si possono trovare infiniti spunti di riflessione, tanto teorici quanto pratici. Così, oggi condivido un aneddoto che mi ha raccontato un imprenditore durante un incontro di formazione One to One.
Questo imprenditore è solito, durante il periodo natalizio, organizzare una cena invitando i dipendenti con i rispettivi mariti e mogli, in quanto ha a cuore la famiglia, quindi sosteneva la sua idea dicendo: «Se i miei dipendenti arrivano a lavoro sereni, ogni tanto fanno un lavoro straordinario e lavorano bene è perché c’è qualcun altro dall’altra parte che permette loro di farlo; quindi, almeno una volta all’anno, ci tengo a ringraziare queste persone invitandole alla festa». Questa tradizione va avanti per diversi anni finché, a un certo punto, una sua collaboratrice e diretto riporto va da lui dicendogli: «La maggior parte di noi non ha piacere di invitare i compagni alla festa aziendale». Lui replica chiedendo: «Com’è possibile? Ormai è una tradizione che esiste da anni».
Qualche giorno dopo, fa una riunione con i suoi 13 collaboratori che fanno capo direttamente a lui e chiede chi di loro fosse a favore di mantenere la tradizione e chi invece avrebbe voluto cambiarla non invitando più i rispettivi compagni. Risultato: 11 persone a favore e 2 contrarie, tra le quali la collega che aveva sollevato la questione.
Dopo l’incontro, la collaboratrice va di nuovo dall’imprenditore e gli dice: «Guarda che le cose stanno come ti ho detto io. Le persone non vogliono avere i partner alla cena e non te lo dicono perché non hanno coraggio di contrastare la tua idea». L’imprenditore, allora, ci riflette un po’ e decide di avviare un sondaggio in modalità anonima estendendo la valutazione a 40 persone. Il risultato? Con una parola, “sorprendente”: 25 persone erano contrarie ad avere i partner, mentre 15 a favore dell’averli. La collega, quindi, aveva ragione.
Dopo il sondaggio, l’imprenditore indice una nuova riunione con i suoi 13 riporti, durante la quale racconta la storia seguente. Una domenica, una moglie prepara il branzino al marito per pranzo. Lui la ringrazia così tanto che la moglie, colpita, cucina lo stesso piatto anche tutte le domeniche successive. Trascorsa qualche settimana, entrambi, in realtà, riconoscono di sentirsi scontenti: il marito perché già dalla prima volta non aveva apprezzato il branzino in quanto ama di più la carne e non aveva trovato il coraggio di dire alla moglie che fin da subito non era stato completamente sincero con lei. La moglie, invece, ogni domenica faceva fatica per cercare un buon branzino e spendeva tanto correndo il rischio di scoprire, alla fine, che tutti i suoi sforzi di dimostrare il suo affetto al marito sarebbero stati vani se lui fosse stato scontento.
L’imprenditore conclude dicendo: «Io mi sento un po’ come la moglie. Mi sono impegnato per organizzare qualcosa che potesse piacere a tutti, che mi costa più tempo, più soldi e più fatica. Da quest’anno cambieremo la tradizione, essendo emerso dal risultato del sondaggio che non ci tenete a preservarla».
Invito, ora, voi lettori a sospendere il giudizio facile e un po’ istintivo che vi verrebbe da fare sul comportamento dell’imprenditore che proponeva solo idee che piacevano a lui, e a sospendere anche il giudizio nei confronti dei collaboratori, magari un po’ troppo timidi nell’esplicitare una preferenza, anche in questioni semplici.
Piuttosto rivolgo a voi e a me in primis la domanda: non è che anche noi, da qualche parte, nelle nostre organizzazioni e nei nostri rapporti, professionali e personali che siano, rischiamo “l’effetto branzino”?
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