La Strategia Oceano Rosso è stata spesso attaccata dai teorizzatori della Strategia Oceano Blu di cui ho parlato recentemente in un altro articolo.

Se da una parte concordo che sia meglio provare a creare un oceano blu, dall’altra è evidente che la maggioranza delle aziende e dei professionisti opera in una condizione di oceano rosso, cioè di grande concorrenza e in un mercato di squali che tentano di portarsi via vicendevolmente i clienti.



In tal senso, sono d’accordo con quanto dice Anthony Iannarino, autore del libro “Come prendersi i clienti degli altri. Nella vendita non c’è spazio per tutti” edito da ROI Edizioni, in cui ragiona sul fatto che se è vero che la maggior parte delle aziende vive in un oceano rosso, allora diventa essenziale imparare a contraddistinguersi all’interno di esso. Anche in questo caso, vorrei unire una parte teorica con un esempio concreto in modo tale da risultare il più possibile chiaro.



Uno dei grandi temi all’interno del mondo oceano rosso è che tutte le aziende investono in formazione per la propria forza vendita, quindi ogni anno in tutta Italia migliaia di formatori tengono lezioni più o meno teoriche per i venditori, rischiando di concentrarsi sui soliti temi triti e ritriti come la gestione delle obiezioni e i tentativi di chiudere gli accordi.

Il problema è che quando la formazione per tutte le aziende di quasi tutti i mercati ha dei pattern molto simili e rischia di essere uguale e ripetuta di anno in anno, le aziende partner dell’Accademia rischiavano di non differenziarsi realmente dai propri competitor. Da qui l’intuizione di non fare una formazione classica top-down, ma di fare uno sforzo in più e intendere la vendita non come un atto ma come un processo, di provare a studiare le fasi principali del processo e tutte le sue sottofasi, misurare in maniera chiara e condivisa per tutta l’azienda i KPI di tutte le sottofasi tenendo a mente che “se lo puoi misurare, lo puoi migliorare”.



Quando intervengo in casi di formazione tendo a farmi spiegare dai migliori venditori dell’azienda quali sono le migliori strategie che utilizzano per ciascuna fase e sottofase del processo. Dopodiché, le singole teorie mostrate dai venditori top performers vengono confrontate con quelle degli altri. È interessante che i top performers utilizzano le strategie migliori e il resto del team non ha nulla da aggiungere, ma anche in questo caso c’è un guadagno perché i medium performers imparano le strategie dei top performers e iniziano ad utilizzarle anche loro. Questo significa che il team mediamente performerà di più per aver esteso la migliore strategia.

In altri casi, ci sono delle new entry o dei medium performers che sulla singola fase del processo hanno delle strategie migliori che vengono messe a matrice, così diciamo in Accademia, per tutto il team. Questo permette, inoltre, di far sì che il team dei venditori abbia un’unica voce e trasmetta in maniera chiara i propri valori e la propria strategia.

Dopodiché, le migliori strategie trovate in azienda vengono consegnate ai membri dell’Accademia e del Centro Studi di Comunicazione Strategica e ulteriormente studiate per trovare, dove possibile, ulteriori spazi di miglioramento. spesso si trovano miglioramenti nei seguenti argomenti: linguistica, gestione dei tempi di latenza, introduzione di tecniche anti-bias. Partendo da un livello spesso molto buono, si riesce quasi sempre ad arrivare a un livello eccellente.

Questo iter di analisi del processo step by step viene fatto dall’inizio alla fine cioè fino al momento in cui vengono messe in atto strategie per il reselling cioè per rivendere a chi è già cliente nuovi prodotti e servizi, tenendo conto che i soldi si fanno sui clienti che tornano, quindi da un lato occorre gestire il processo di vendita imparando a cercare nuovi clienti, dall’altro tenersi stretti quelli che si hanno, anzi far sì che i migliori clienti diventino champions cioè che ti presentino ad altri prospect e clienti futuri.

In Accademia abbiamo visto che questo tipo di formazione è molto più tecnica e di processo e si allontana da quella che viene utilizzata chiamando un motivatore che faccia un bello speech “caricando” i venditori per il semestre successivo. Le aziende migliorano quando si migliorano i processi, i flussi di comunicazione interna e quindi se c’è un allineamento tra valori, competenze e declinazioni operative delle persone. Questo motiva veramente un team, il resto è una creazione abile di storie e aneddoti che come le bottiglie di champagne quando vengono agitate una volta finita la schiuma rimangono sgasate e la bottiglia mezza vuota.

L’ultimo aspetto interessante è che tutti i confronti tra top/medium performers delle innovazioni create ad hoc dall’Accademia e dal Centro Studi vengono condensati in un unico manuale in modo tale che, durante l’anno o l’anno dopo, i singoli venditori abbiano un punto di riferimento concreto per capire cosa l’azienda ha detto rispetto a quel tema.

Quello che abbiamo visto, e che è stato di grande soddisfazione, è che una delle prima aziende che abbiamo seguito con questo tipo di approccio e che lavora nel settore agricolo, un mercato che tendenzialmente non investe molto nella formazione, nell’ultimo anno è riuscita ad aumentare il proprio fatturato del 28% di cui il 10% portato da un aumento di investimenti di clienti già attivi e il 18% fatto da nuovi clienti.

Quindi, come si fa a differenziarsi in un oceano rosso? Migliorando in maniera attenta fase per fase, perché, come dice Anthony Iannarino “nel mercato non c’è spazio per tutti”.

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