Disegnare nuovi modelli di business e rendere operativi nuovi assetti organizzativi sono le sfide che in questi primi mesi, post lockdown, i manager stanno affrontando. Smart working è tra le parole più usate, abusate e male interpretate durante il periodo della crisi sanitaria, ma è anche la modalità di lavoro più auspicata, adottata e rivalutata in questo periodo di ripresa.
Se durante il lockdown i manager hanno primariamente prestato attenzione e gestito le paure dei propri collaboratori, in questi giorni stanno disegnando nuovi modelli organizzativi per salvaguardare la salute dei collaboratori e limitare il contagio, inserendo nelle proprie realtà aziendali un modello lavorativo come quello agile.
Un nuovo modello organizzativo non è un interruttore che si accende o si spegne: è un processo che coinvolge tutti i livelli aziendali e che per essere operativo, a pieno regime, non può prescindere da quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa; flessibilità di orari e luoghi di lavoro; dotazione tecnologica; spazi fisici.
Non un’azione up down, ma un vero processo, spesso non facile, soprattutto per quelle aziende non mature o poco inclini al cambiamento. La differenza in questo caso la fanno i manager, che diventano abilitatori di cambiamento.
Quello del cambiamento non è un atto semplice, per quanto sia di vitale importanza, soprattutto nei momenti di crisi come l’attuale. Come ci insegna anche Francesca Gino, autrice del libro “Talento ribelle”, prima della crisi eravamo meno inclini ai grandi cambiamenti, mentre adesso un leader dovrebbe come prima cosa ammettere di non avere risposte nell’immediato, ma di essere pronto ad ascoltare opinioni e idee dei collaboratori.
È proprio in questi periodi che i manager devono mostrarsi autentici e dare spazio a creatività e innovazione. I manager, ancora una volta, sono in prima linea per innescare questo processo di cambiamento, modificando in prima battuta il loro stile di leadership, il loro approccio nei confronti dell’errore e sperimentando nuove forme di gestione di business e dei collaboratori.
Un nuovo modo di coordinare le risorse, di assegnare gli obiettivi e di scadenzare il lavoro, il tutto a distanza e mediato da uno schermo.
Quello che le aziende stanno sperimentando, soprattutto le PMI, è un nuovo modello operativo, che mette al centro la persona e che necessita di una ridefinizione sia strutturale che tecnologica del “luogo” di lavoro, dei suoi spazi e dei suoi processi.
I membri del team stanno gestendo in autonomia il proprio lavoro, ogni singolo membro, qualsiasi sia il suo inquadramento, si ritrova a essere estremamente responsabilizzato nella gestione del proprio tempo: il pubblico e il privato vengono scadenzati in maniera differente, viene ridefinita la visione del work life balance, vengono introdotte nuove consuetudini. La delega e i rapporti di fiducia sono stati riscritti alla luce di una nuova leadership collaborativa. Il team diventa motore del cambiamento in atto, non ostacolo, perché questa nuova normalità ha subito presentato i suoi lati positivi. I manager più illuminati o “ribelli” come direbbe Francesca Gino, hanno una nuova visione dell’errore, della partecipazione e della sperimentazione.
Le aziende più mature stanno cogliendo a pieno le opportunità generate da questo periodo del tutto straordinario e non prevedibile: stanno cavalcando e rendendo operativo il processo di digitalizzazione, iniziato prima del Covid-19; stanno traendo i benefici dall’aumento di produttività e dall’abbattimento di costi fissi, che il nuovo modello operativo sta producendo.
I manager hanno trasformato il periodo di lockdown in un’opportunità, per innovare i processi e ridisegnare la cultura aziendale, superando le proprie e le altrui reticenze. Dall’osservatorio di Cfmt, che conta al suo interno quasi 24.000 manager e più di 9.000 aziende del terziario, abbiamo rilevato una subitanea attenzione dei manager al delinearsi di nuove competenze per interpretare e gestire il nuovo paradigma che si è creato con questa crisi.
I manager hanno investito il loro tempo durante il lockdown nel reskilling digitale delle loro competenze trasversali, ben consci del fatto che la nuova normalità avrebbe richiesto strumenti innovativi. Il lockdown è stato il momento del self assessment e della messa in discussione, della formazione e dell’aggiornamento.
Un momento di fermo per ripensare e innovare sia loro stessi che le aziende in cui operano.