In precedenti articoli abbiamo spesso parlato di adattabilità nel mondo del lavoro e dell’importanza delle competenze STEM per il futuro e analizzato l’impatto delle trasformazioni tecnologiche sulla Generazione Z. Ci sembra interessante, a questo punto e senza alcuna pretesa tecnico-scientifica, provare a parlare dell’Intelligenza artificiale (IA). il matematico britannico Alan Turing, considerato uno dei padri del’IA e che contribuì a creare una macchina che decodificava i messaggi criptati nazisti, cosa che da molti è sostenuta come elemento di svolta per la vittoria alleata nella Seconda guerra mondiale, diceva: “Una macchina può pensare?”. E questa è la prima riflessione che, da uomo qualunque, spinge me a riflettere, sull’influenza crescente dell’IA nelle nostre vite e nel lavoro.
Negli ultimi anni, le innovazioni nell’IA hanno accelerato, con tecnologie come il machine learning (apprendimento automatico), il deep learning (apprendimento profondo) e l’automazione avanzata (tecnologie che eseguono compiti complessi con minima interazione umana) che stanno diventando sempre più prevalenti. Secondo una ricerca di McKinsey, l’adozione di tecnologie IA potrebbe incrementare la produttività globale dell’1,2% all’anno. Deloitte ha evidenziato come le aziende che investono in IA vedono miglioramenti significativi in termini di efficienza operativa e qualità dei prodotti.
L’IA ha effetti sia positivi che negativi sull’occupazione. Da un lato, può sostituire lavori ripetitivi e manuali, migliorando l’efficienza. Dall’altro, può causare la perdita di posti di lavoro in determinati settori. Uno studio di McKinsey prevede che entro il 2030, circa 375 milioni di lavoratori dovranno cambiare professione a causa dell’automazione. Tuttavia, l’IA crea anche nuove opportunità lavorative, in particolare in ambiti legati alla gestione e allo sviluppo delle tecnologie stesse. Alcune delle nuove professioni emergenti includono: Data Scientist; Ingegnere di Machine Learning; Specialista di Sicurezza Informatica; Analista di Business Intelligence.
Proviamo a vedere insieme alcuni esempi concreti di ciò che sta accadendo nel mondo del lavoro, influenzati dall’Intelligenza artificiale:
Manifatturiero: l’automazione e i robot intelligenti stanno migliorando l’efficienza e riducendo gli errori umani. Ad esempio, Siemens ha sviluppato un assistente IA, chiamato Siemens Industrial Copilot, in collaborazione con Microsoft. Questo assistente IA aiuta a ottimizzare i processi di produzione, migliorare la collaborazione uomo-macchina e aumentare la produttività attraverso l’automazione avanzata.
Servizio Clienti: chatbot e assistenti virtuali stanno rivoluzionando il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti, riducendo i tempi di attesa e migliorando la soddisfazione del cliente. Questo è esemplificato da Deloitte, che ha evidenziato i miglioramenti operativi e di qualità dei prodotti grazie all’adozione di IA.
Sanità: l’IA è utilizzata per diagnosticare malattie, personalizzare i trattamenti e gestire i dati dei pazienti. In Italia, aziende come IBM stanno collaborando con ospedali per sviluppare soluzioni di IA che migliorano la cura dei pazienti.
Ma la micro impresa, che rappresenta una delle colonne portanti dell’imprenditoria in Italia, come può trarre beneficio dall’IA? Ad esempio, l’IA può aiutare le piccole aziende a migliorare l’efficienza operativa, automatizzare processi amministrativi e gestionali e personalizzare l’esperienza dei clienti, cose sicuramente possibili anche prima ma con dei costi insostenibili per la maggior parte di esse, mentre oggi l’adozione di chatbot per il servizio clienti o software di contabilità automatizzati può ridurre significativamente i costi operativi anche di una piccola realtà. Adottando soluzioni di Intelligenza artificiale, anche le micro imprese possono competere meglio nel mercato globale e innovare continuamente per soddisfare le esigenze dei clienti. Non so se la realtà nei prossimi anni lo confermerà, ma ho l’impressione che l’IA, tenderà a favorire molto anche i “piccoli”, abbattendo alcuni gap.
A questo punto, quali sono le nuove competenze che servono per far rendere al meglio l’IA e soprattutto come possono generare nuovo lavoro? Tra queste la capacità servirà saper analizzare grandi volumi di dati, programmare in linguaggi specifici per l’IA, ma anche comprendere, e dico io soprattutto, l’etica dell’Intelligenza artificiale.
Programmi di formazione e corsi universitari stanno cercando di colmare il divario di competenze. Ad esempio, il Politecnico di Milano offre corsi avanzati in IA e data science per preparare i professionisti del futuro. Ma l’IA stessa può facilitare la formazione continua attraverso piattaforme di e-learning personalizzate che utilizzano algoritmi per adattare il contenuto formativo alle esigenze individuali dei lavoratori.
Volendo concludere e rileggendo quanto scritto, mi viene da dire “e il viaggio continua” e il nostro “mantenersi impiegabili” passa anche, inevitabilmente, dall’Intelligenza artificiale. In passato abbiamo spesso usato un termine, a me caro, che è “essere docili, per comprendere al meglio la realtà che ci circonda”, e mi sembra che parlando di IA questa competenza sarà sempre più utile a mantenersi competitivi, consapevoli e quindi impiegabili.
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