Continua il nostro viaggio all’interno della persuasione neuroscientifica. Oggi approfondiremo un ulteriore elemento identificato dalla neuroscienziata Tali Sharot: la capacità d’agire. Analizzando il comportamento dell’uomo, è stata identificata la sua profonda esigenza di “avere il controllo”. Cosa si intende? Pensate alla differenza tra ciò che più temiamo e ciò che è realmente e oggettivamente mortale per l’uomo. Le tre cause di morte più diffuse al mondo sono le malattie cardiache, il cancro e i disturbi respiratori cronici; mentre tra le fobie più diffuse al mondo troviamo l’aracnofobia (la paura dei ragni), la ofidiofobia (la paura dei serpenti) e l’aerofobia (la paura di volare).
Risulterebbe, infatti, difficile, se non impossibile, convincere un soggetto aerofobico che la probabilità di morire in un incidente stradale è molto più elevata rispetto alla probabilità di precipitare a causa di un incidente aereo, proprio perché il suo cervello è programmato per “governare quel che lo circonda”, come sostiene la professoressa Sharot, nel libro “La scienza della persuasione”.
L’unica strada percorribile è, quindi, quella di tenere in considerazione questo dato strutturale, proprio del nostro cervello, e utilizzarlo a nostro vantaggio, in particolare per persuadere il nostro interlocutore. Si possono adottare diverse strategie, dalle più banali alle più complesse. Della prima categoria fa parte una classica strategia manipolatoria, utilizzata spesso dalle madri nei confronti dei propri figli: “Amore, cosa preferisci stasera: carote o piselli?”. Dietro la presunta possibilità di scelta c’è ovviamente un tranello: alla mamma non interessa la preferenza del figlio, l’importante è che mangi la verdura.
Un altro campo di applicazione per questi studi è quello delle tasse. In tal senso, infatti, sono stati svolti diversi esperimenti, tra i quali è interessante citare quello di un team di ricercatori della Harvard University. Questo esperimento prevedeva la suddivisione di alcuni cittadini in due gruppi, ai quali sono stati mostrati i dati relativi alla distribuzione delle tasse federali rispetto ai diversi settori, quali istruzione, sicurezza, assistenza sanitaria, ecc. Ai due gruppi sono stati mostrati i medesimi dati, con la differenza che al secondo è stato offerta la possibilità di ridistribuire l’intero ammontare delle tasse con le proporzioni che ritenevano più corrette. Infine, entrambi i gruppi sono stati informati della possibilità di non pagare il 10% delle tasse, attraverso una scappatoia illegale, e sono stati incaricati di scegliere se adottare questa opzione o meno.
L’esito? All’interno del primo gruppo, al quale era stata data la sola possibilità di visionare i dati, il 66% delle persone ha optato per la scappatoia illegale, mentre, nel secondo gruppo, solo il 44% ha deciso di intraprendere la medesima strada, quindi meno della metà. Ciò significa che per le persone non è importante semplicemente conoscere lo stato delle cose, ma anche avere una determinata capacità di intervento su di esse.
È così fondamentale poter soddisfare questo aspetto che anche la sola possibilità di scelta è sufficiente a renderci sereni, come nel caso citato poc’anzi: nonostante le tasse fossero in ogni caso da pagare, la possibilità di sceglierne la distribuzione ha reso inefficace, per la maggior parte del gruppo, l’opzione del risparmio illegale. Ha analizzato questo processo anche il neuroscienziato Mauricio Delgado, insieme alla sua equipe, notando come la possibilità di scegliere faccia attivare, nel cervello, la parte del sistema adibita alla ricompensa, denominata striato ventrale.
Come usare queste scoperte in azienda, dunque? Innanzitutto ricordandosi che quando si delega un aspetto operativo a una persona occorre lasciargli anche una certa funzione creativa, in modo tale che la persona si senta in qualche modo libera di “metterci del suo”. È necessario quindi che vengano decisi, da chi si occupa della strategia, gli obiettivi e i criteri di valutazione, ma che i manager siano liberi di agire come ritengono opportuno, a condizione che rispettino il mandato e siano valutati con criteri prestabiliti.
Un piccolo esempio concreto l’ho visto in un’azienda, alcuni mesi fa. Ero appena tornato da un pranzo con l’imprenditore e si è avvicinato un operaio chiedendo come avrebbe dovuto dipingere la cancellata e i muri esterni, dal momento che la società aveva deciso di svolgere quel lavoro personalmente senza appaltarlo a una società esterna. L’Ad ci ha pensato un attimo e poi ha risposto: “Fallo in modo tale che alla fine saremo contenti entrambi”. Un mese dopo sono tornato in quell’azienda e ho potuto ammirare il semplice ma ben fatto lavoro dell’operaio. Lo stesso giorno ho incontrato quest’ultimo, mentre ero nuovamente di rientro da un pranzo con il proprietario, il quale, complimentandosi con il ragazzo per il lavoro, si è sentito rispondere: “Mi sono sentito come un pittore professionista”.
A volte basta poco per fare sentire protagoniste le persone, anche quando svolgono un compito semplice. Essere leader persuasivi passa anche da questo.