Il 9 settembre, il Comitato interministeriale per gli affari europei ha approvato la proposta del Ministro Vincenzo Amendola di “Linee Guida del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: Next Generation Italy“. Non si tratta di un documento nel senso stretto del termine, ma di 29 slides che -ritengo – forniscono l’ossatura di un lavoro ben più spesso, soprattutto in termini di contenuti, da presentare alle Camere tra meno di un mese unitamente alla Nota di aggiornamento al Def, che deve essere oggetto di un dibattito parlamentare e di una risoluzione.



Basta scorrere le slides per rendersi conto che si tratta di proposte ineccepibili: contengono i lineamenti (non i contenuti e tanto meno una loro valutazione quantitativa) di programmi settoriali che mirano ad aumentare il tasso d’occupazione di dieci punti percentuali e a portare il tasso di crescita (da rasoterra per diversi anni a negativo) “quantomeno” in linea con la media europea dell’ultimo decennio (1,6% l’anno).



Sono obiettivi ambiziosi ed è giusto che siano tali: solamente guardando avanti con coraggio si può sperare in progressi. Ma slides prive di contenuto di sostanza possono avere un effetto contrario e deprimere le stesse aspettative, frenando la crescita invece di promuoverla. Sono certo che il Ministro Amendola e i suoi colleghi ne sono consapevoli e stanno approntando un documento più ricco di contenuti da portare in Parlamento contemporaneamente alla Nadef. Ciò non vuole dire riempire pagine e pagine (o slides e slides) di dettagli tecnici, ma di corredare i programmi con valutazioni puntuali di come ciascuno di essi contribuirà ai due obiettivi centrali: l’aumento del tasso d’occupazione e la crescita del Pil.



Non si tratta di una mera analisi dei costi e dei benefici (finanziari, economici e sociali) dei singoli progetti che, ritengo, verrà allegata all’elenco delle spese (sia in conto capitale, sia di parte corrente) che verranno presentate a valere sul Recovery and Resilience Fund. Non si tratta, però, di scoprire nulla di nuovo o di elaborare strumenti che non esistono nelle amministrazioni dello Stato, ma di aggiornare e tarare alle esigenze del Recovery and Resilience Fund e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza materiale già messo a punto nel passato. Non si richiedono stuoli di consulenti e di task force, ma una équipe qualificata che faccia il lavoro di aggiornamento e taratura.

Di tale équipe si dovrebbero, per basilari esigenze di trasparenza, conoscere i nomi e i cognomi (ed eventuali emolumenti). Si dovrebbe anche sapere, sempre per esigenze di trasparenza, se l’organo politico (il Comitato interministeriale per gli affari europei) prende decisioni differenti da quelle raccomandate dall’équipe. L’organo politico è, ovviamente, sovrano, ma Parlamento, autorità europee e opinione pubblica, debbono sapere quali sono le scelte basate su analisi tecniche e quali quelle frutto di esigenze e contrattazioni politiche.

Andiamo ad alcuni esempi specifici. La prima “missione” indicata nelle slides del Ministro Amendola, riguarda la transizione verso l’economia digitale: la metodica per approntare il programma specifico e valutarne l’apporto agli obiettivi generali di crescita dell’occupazione e del Pil può essere trovata nelle analisi fatte dall’allora ministero delle Comunicazioni – Fondazione Ugo Bordoni per mettere a punto e analizzare la transizione dalla televisione analogica al digitale terrestre. In tema di rivoluzione verde e transizione ecologica, non solo da decenni il ministero dell’Ambiente utilizza strumenti quantitativi per la valutazione di impatto ambientale, ma esiste una vasta modellistica elaborata dalla Banca mondiale, dalla Fao e della stessa Organizzazione internazionale del lavoro (per coniugare occupazione e ambiente) che mani esperte possono facilmente adattare alla situazione e alle esigenze del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In materia di competitività del sistema produttivo, la modellistica valutativa è ricca: basta attingere a una delle numerose fonti, dal ministero per lo Sviluppo economico alle associazioni di categoria. Per quanto attiene alla infrastrutture, in particolare ai trasporti, l’Italia dispone di un modello econometrico approntato con la consulenza di Leontief in persona.

Si potrebbe andare avanti a lungo. In breve, al Governo non mancano strumenti. Occorre, però, sapere quali vengono utilizzati, da chi e con quale mandato. Come avviene, ad esempio, nella vicina Francia.