Oggi l’HR Director di un’organizzazione non è più un semplice “gestore delle persone”, bensì un profondo conoscitore del business in cui opera per accompagnare in velocità e multidisciplinarietà la trasformazione della cultura aziendale. Luca Ruggi, HR Director di PwC Italia, ha voluto condividere in maniera molto pragmatica una panoramica del contesto complesso in cui opera abitualmente e in cui viene costantemente richiesto di reinventare il futuro e fare la differenza.



Con quali criteri metodologici si approccia a svolgere la sua funzione dentro un’organizzazione come PwC Italia?

Partiamo da un presupposto: il nostro network ha una missione molto chiara e ambiziosa, ovvero quella di creare una società basata sulla fiducia nel senso più ampio del termine e soprattutto di costruire valore per i nostri clienti aiutandoli a risolvere problemi complessi e poco definiti. Per attuare questa missione dobbiamo appoggiarci a delle fondamenta solide che, nel caso della nostra firm, sono rappresentate dai nostri valori.



Quali sono i valori citati?

Prima di tutto, lavoriamo costantemente con integrità, anche in quei contesti più complessi dove è necessario prendere decisioni difficili. In secondo luogo, cerchiamo di operare con cura, per le nostre persone, per i nostri clienti e per il Sistema Paese in cui viviamo. Lavoriamo poi in team, perché in un contesto complesso come il nostro crediamo fortemente che produca un valore sostenibile e duraturo molto superiore al contributo della singola persona: gli one man band non funzionano più oggi. Infine, cerchiamo sempre di reinventare il futuro, di superare i limiti, quindi non tanto di proporre soluzioni di continuità che possano portare un cambiamento incrementale rispetto all’esistente, quanto di immaginare qualcosa che faccia la differenza e sia orientata al futuro.



Che ruolo ricoprono le soft skill all’interno di PwC Italia?

A mio parere è un errore, oggi, parlare di soft skill, perché quelle che, spesso, nei curriculum troviamo elencate sotto questo paragrafo sono in realtà quelle che amo definire “competenze personali hard”, ovvero quelle competenze che fanno la differenza per operare bene in un contesto complesso come quello attuale e quindi le più ricercate dalle aziende.

Quali sono queste “competenze personali hard”?

Prima di tutto la capacità di essere empatici, che si traduce nell’ascolto attivo per riconoscere i bisogni dell’altro. Altrettanto importante è la capacità di influenzare e far accadere le cose: oggi le organizzazioni non si basano più su un potere meramente gerarchico bensì a matrice, in cui, quindi, il potere è distribuito, perciò il proprio ruolo lo si esercita perché si è in grado di influenzare l’organizzazione e imprimere una direzione al cambiamento. Mi piace anche parlare di resilienza: attualmente il ciclo di vita di un prodotto o di un servizio è enormemente più rapido rispetto a qualche hanno fa, così come il tasso di insuccesso strutturale è più elevato, quindi occorre sviluppare in poco tempo tanti prodotti sapendo in precedenza che molti non avranno un riscontro positivo. L’insuccesso è quindi un elemento strutturale del successo e per saperlo affrontare, per saper affrontare la frustrazione che ne deriva, occorre partire fin dal principio da una grande capacità di resilienza.

Come si farà carriera, non oggi, ma domani?

È già complesso dire come si fa carriera oggi, quindi è sicuramente una domanda molto sfidante. A mio parere non bisogna cercare di immaginarsi a priori il percorso professionale più corretto e in linea con le esigenze del mercato perché è impossibile. Come ho già messo in evidenza in precedenza, il mercato è talmente volatile che ha poco senso chiedersi oggi quali siano i passaggi logici da attuare per arrivare a un determinato successo professionale. Bisogna invece confrontarsi con persone che vivono e operano nel contesto che ci interessa, per avere elementi di pragmatismo e realismo che, spesso, chi è giovane e si affaccia al mercato del lavoro, non ha.

Altri consigli?

Il secondo consiglio che mi sento di dare è di puntare molto sulle proprie doti di leadership. Troppo spesso si pensa alla leadership come “la capacità del condottiero” quando invece si declina anche in altri modi: dalla leadership esperta come riferimento di contenuto a quella di chi sa creare ambienti positivi e di collaborazione. Ognuno dovrebbe trovare la propria. In sintesi, bisogna cercare di essere distintivi, di portare valore per l’organizzazione andando oltre l’immagine di un ruolo che oggi è difficile vedere chiaramente dal momento che probabilmente cambierà sotto i propri piedi.

(Luca Brambilla)