I cosiddetti “dehors” sono opere stagionali volte a soddisfare esigenze contingenti e temporanee, purché destinate a essere immediatamente rimossa il testare della temporanea e necessità.
Il termine stabilito per legge è di 180 giorni che comprendono anche il tempo necessario a realizzare l’allestimento, il montaggio e lo smontaggio di tutto il manufatto, ma è necessario comunicare l’avvio dei lavori all’amministrazione comunale. A precisarlo è stato il Consiglio di Stato nella sezione numero II sentenza n. 1489/ 2023 del 13 febbraio scorso.
Consiglio di Stato: cosa sono i “dehors”? Lo spiega il CDS
Il Consiglio di Stato ne approfitta anche per ricordare che il “dehors” non è un termine giuridico e quindi non è presente all’interno dell’ordinamento. Ma negli ultimi tempi, anche a causa della pandemia, vi è stata una proliferazione dei “dehors” per cui è stata applicata una norma già in vigore per altre tipologie di manufatti.
Ma cosa sono praticamente i “dehors“? A livello edilizio questi assumono una consistenza che varia da una semplice tenda, ha un ombrellone ad ampie falde come un gazebo oppure al box munito di infissi chiusi tipo veranda e possono essere installati liberamente. La sentenza del Consiglio di Stato dunque definisce “dehors” come opere funzionali e quindi devono consistere in opere volte a soddisfare le esigenze dell’attività, ma che devono essere contingenti e temporanee.
Consiglio di Stato: la norma per la loro realizzazione
Deve esistere quindi una ragione alla base della loro realizzazione, in ogni caso questi non possono permanere per un periodo superiore a 180 giorni, inclusi i tempi di allestimento e smontaggio.
L’altra caratteristica è evidenziata dal Consiglio di Stato in merito ai “dehors” è la loro qualità strutturale, quindi la loro realizzazione deve avvenire con materiali e modalità che ne consentano una rapida rimozione una volta esaurita la loro funzione. Il Consiglio di Stato si è espresso in merito ad un caso di un cittadino che ha costruito un manufatto chiesa su tutti i lati è destinato a far rimanere per anni. Secondo la Corte anche l’istanza di sanatoria non avrebbe dovuto sospendere la demolizione del manufatto, infatti ciò ha determinato la persistenza pluriennale di un manufatto che non avrebbe dovuto né sorgere né essere mantenuto dove collocato.