Sui media italiani impazza ancora il “Festival” di Ventotene, ma la realtà sembra andare in direzione contraria. Sei giorni dopo il girotondo di Michele Serra, tre giorni dopo le comunicazioni parlamentari della premier Giorgia Meloni su ReArm, il Consiglio Ue non ha dato via libera al piano da 800 miliardi proposto dalla Commissione. Anzi: il disegno rimane per ora completamente vuoto di finanziamenti, per la contrarietà di molti Paesi (Francia in testa) all’indebitamento comunitario. Ma non solo: sono ancora troppe le variabili organizzative e operative – ovvero, le difficoltà – di un nuovo sistema europeo di difesa, mentre da Washington continuano a giungere segnali di riflessione sulla Nato ma non di volontà di disimpegno drastico.
Ursula von der Leyen ha intanto deciso di cambiare nome al piano: si chiamerà “Difesa e Prontezza 2030”. Molto vicino a quanto suggerito da Meloni, dubbiosa – davanti al suo parlamento nazionale – verso una strategia “roboante” di riarmo europeo. Quello dell’etichetta, d’altra parte, è verosimilmente solo il primo passo di una “revisione” sostanziale del progetto. Ed è in fondo quanto raccomandato dalla mozione del Pd della segretaria Elly Schlein, che ha tenuto il punto anche al tavolo dei socialisti europei dopo un duro braccio di ferro interno con l’opposizione cattodem.
Schlein non aveva avuto timori a partecipare all’evento di Piazza del Popolo, portando anzi nell’happening arcobaleno l’unica posizione netta e trasparentemente “di sinistra” su Europa e riarmo. E fra i militanti “Elly” ha controbattuto con successo la quasi-scissione fra gli europarlamentari dem su ReArm maturata nell’autoreferenzialità siderale di Strasburgo. Dove la Commissione aveva voluto perfino sottrarsi a un voto formale dell’europarlamento.
Una normale liberaldemocrazia occidentale avrebbe ragioni per sentirsi rinfrancata quando una premier di 48 anni e una 39enne leader dell’opposizione – entrambe figure nuove nella guida il Paese – si rivelano capaci di formulare, difendere e affermare anche in Europa posizioni chiare e puntuali su una crisi geopolitica senza precedenti. l’Italia “di Ventotene” incita invece l’Europa a una resistenza tutta moralistica ed estetica verso la leadership muscolare di un maschio-bianco-anglosassone-quasi-80enne reinstallatosi alla Casa Bianca, ma poi accusa sia Meloni che Schlein di non rispettare la democrazia italiana.
In quest’ultima sembra tuttavia emergere il nodo vero: la resistenza di una classe politico-mediatica di maschi 70/80/90enni, incapaci di accettare che la loro stagione sia definitivamente passata.
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