Secondo fonti italiane, nella notte è stata trovata una soluzione sulla governance del Recovery Fund, il fondo europeo anticrisi che ha diviso i 27 paesi Ue riuniti in un estenuante Consiglio europeo, cominciato venerdì scorso e non ancora concluso. All’Italia, stato a quanto si apprende nel momento in cui scriviamo, vanno 209 miliardi, di cui 82 a fondo perduto. Molti, anzi tutti canteranno vittoria, in realtà “questi ultimi tre giorni di trattative hanno messo perfettamente in luce lo stato di dissoluzione in cui si trovano le istituzioni europee” dice al Sussidiario Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano.
I soldi non ci sono, non si sa come saranno raccolti o distribuiti, la normativa, meccanismi di controllo compresi, è ancora tutta da definire, spiega il giurista. L’unica certezza è che l’Europa di Maastricht è morta.
Chi ha vinto al Consiglio europeo?
A parole tutti. In realtà questi ultimi tre giorni di trattative hanno messo perfettamente in luce lo stato di dissoluzione in cui si trovano le istituzioni europee. La verità è che non sappiamo cosa è successo e non lo sapremo ancora per molto tempo. Leggeremo i giornali di 27 paesi diversi ed avremo 27 diverse vittorie.
Cos’è successo secondo lei?
In realtà non è successo niente, se non che, in qualche modo, si è calciato ancora avanti il barattolo per un po’. Saranno i mesi venturi a dirci cosa è successo in realtà in ciascuno dei 27 paesi che hanno partecipato a questo tragico Consiglio. Per questo si può parlare di dissoluzione istituzionale europea.
Perché una valutazione così severa?
Scusi: qual è l’altra area del mondo che è governata in questo modo surreale? Qui non è questione di eurofilia o euroscetticismo. Basta osservare i processi decisionali che reggono 500 milioni di persone di fronte alla più grave crisi economica dal 1945 per rendersi conto che in vent’anni abbiamo distrutto 27 sistemi politici nazionali in cambio di niente. Meglio: in cambio di lettere, comunicati stampa e un po’ di propaganda.
Non c’è niente da salvare?
L’unica istituzione europea che funziona è stata la Bce, che in questi mesi è andata per proprio conto in beata indifferenza rispetto alle vicende politiche nazionali, Corte di Karlsruhe compresa. Mi sembra un bilancio eloquente.
Facciamo chiarezza. Da dove vengono i quattrini del fondo perduto?
È un altro pezzo del gioco delle tre carte che è stato montato prima e dopo questo vertice. La battaglia è stata presentata come se Italia, Spagna, Francia ed altri dovessero ricevere soldi in regalo da altri frugali nel nome della solidarietà europea.
E invece?
In realtà, siccome i Trattati sono quelli che sono – e gli articoli 123, 124 e 125 Tfue sono lì a dimostrarlo – non c’è nessunissimo trasferimento di denaro. Questi soldi verranno ricavati dal ricorso al mercato sulla base di un collaterale su cui si dovrà fare leva: e il collaterale per questo emissioni obbligazionarie sarà fornito pro quota dai singoli Stati.
Soldi nostri.
Certo. Insomma, per capirci, quello che faceva il Mes nel 2012 lo farà, probabilmente, la Commissione attraverso una serie di schermi giuridici che servono ad attutire l’aggiramento del Tfue. Non è un caso che sia circolata l’idea di risolvere lo stallo attraverso l’istituzione di un nuovo veicolo per questa linea di finanziamento, che va sotto il nome di Recovery Fund, ma che non esiste se non nei comunicati stampa. Insomma dopo l’Efsm, l’Efsf e dopo il Mes si pensava ad un quarto fondo salva-Stati come asso nella manica.
Tutto questo che cosa significa?
Che queste persone parlano di soldi che non ci sono, e che nemmeno sanno come saranno raccolti o distribuiti. Emissioni obbligazionarie future, ci dicono. L’unica cosa certa è che l’impiego di questi fondi sarà soggetto a controlli e verifiche continue.
Mettiamo che tutto vada per il verso giusto.
Se andrà bene, alla fine del 2027 saremo divenuti percettori netti di 25 mld. Quindi una qualche redistribuzione ci sarà. Voglio però vedere come, dove e quanto arriverà in realtà.
Perché è scettico?
Ma perché noi non abbiamo una burocrazia in grado di presentare progetti da finanziare e men che meno di spendere. La storia dei fondi europei – che finora sono sempre stati soldi nostri che sarebbero potuti tornare indietro con un vincolo di spesa – mai impiegati, la dice lunga. Noi abbiamo un Governo che si occupa di monopattini, biciclette e banchi di plastica. Capirà che per i nostri partner europei non è granché rassicurante.
Infatti, al di là di ragioni e torti che possono esserci da entrambe le parti, i partner europei dell’Italia non si fidano. Si fidano di più di Polonia e Ungheria.
Certo. La Polonia, l’Ungheria e gli altri stati dell’Intermarium che va dal Baltico al Mar Nero hanno una burocrazia addestrata alla raccolta e alla spesa dei fondi europei. Noi no. Forse dovremmo importare qualcuno da Varsavia o da Budapest per farci dire come si fa.
Un altro capitolo delicato è quello dei meccanismi di controllo.
Quali siano questi meccanismi e quali i tempi di rilascio di questi finanziamenti non è chiaro. Chi avrà potere di veto? E chi potrà decidere di interrompere queste erogazioni? È ancora tutto da definire. Dovrà essere approntata una normativa molto dettagliata ancora tutta da immaginare. Il precedente è il Mes, ma lei capirà che non è un precedente rassicurante. Il che ci porta al punto di partenza. Qual è l’area del mondo che reagisce così alla crisi da pandemia?
Qual è il vero nodo della questione?
Il dramma di questo continente sta tutto nella sua architettura istituzionale, fissata in Trattati che sono bellamente disapplicati da almeno dieci anni, e cioè dai tempi della Grecia.
Ma l’Unione Europea c’è ancora.
Va avanti sempre peggio e con sempre più diffidenza, alla bell’è meglio, con trovate estemporanee come Efsm, Mes, Recovery Fund, Next Generation, ma dietro a questi nomi non c’è nulla.
Durante le trattative, opponendosi a Rutte, Conte avrebbe accusato il premier olandese di non tenere in alcun conto le sorti del mercato unico. Che cosa pensa di questa obiezione?
Penso che se ci fosse ancora il vecchio “mercato unico” che abbiamo conosciuto fino al 1992 non ci troveremmo in questa situazione folle. Della vecchia Comunità Europea nessuno riusciva a dire male. Ed in effetti quella forma di collaborazione intergovernativa ha dato vantaggi a tutti. Da Maastricht in poi le cose sono andate sempre peggio. Il discrimine è stata la vicenda – oggi dimenticata – della Costituzione europea, fermata in Francia e, non a caso, in Olanda nel 2005.
E che cosa è cambiato da quel momento?
Da allora si è messo in piedi il modello di Lisbona, quasi in contemporanea con Lehman Brothers ed il resto è sotto gli occhi di tutti. Spiace vedere l’involuzione di ciò che è stata l’Europa. L’Unione costruita a Lisbona ha creato il tutti contro tutti a livello continentale e la cronaca di questi giorni ne è una prova.
Dopo questo Consiglio europeo il Mes per l’Italia si avvicina o si allontana?
Guardi, il Mes è una vicenda tutta italiana che, come avrà notato, interessa poco il resto d’Europa. Ormai il Mes è sostanzialmente un ente inutile, visto che le sue funzioni sono state surrogate prima dalla Bce – che fa quello che avrebbe dovuto fare il Mes, solo con meno vincoli e maggiore efficacia – e ora dal Recovery Fund, che farà quello che avrebbe dovuto fare il Mes solo su larga scala. Strano che nessuno finora se ne sia accorto.
Un ente inutile? E la battaglia sul Mes?
La battaglia sul Mes è semplicemente la battaglia dei suoi funzionari, che cercano una giustificazione ai loro ottimi stipendi, e di una parte politica minoritaria che spera di governare questo paese anche in futuro attraverso il sistema delle condizionalità previste da Trattati e Regolamenti Ue.
Le cose che ha appena detto si chiamano cinismo politico e ragioni interne.
In fondo anche l’atteggiamento di Rutte e degli altri cosiddetti frugali è dettato da questioni tutte interne, no? È l’Europa di oggi. E il Consiglio di questi giorni ci fa capire il valore che hanno le lettere di Dombrovskis e Gentiloni. Se mai ne abbiano avuto.
(Federico Ferraù)