La decisione era nell’aria e la sentenza giunta oggi pomeriggio dalla Consulta conferma definitivamente l’election day per il Referendum sul taglio dei parlamentari: in attesa del deposito delle ordinanze, che avverrà domani, l’Ufficio Stampa della Corte Costituzionale anticipa la bocciatura di tutti e 4 i ricorsi presentati. In primis, inammissibile il ricorso del Comitato del No «Il Comitato promotore non ha legittimazione soggettiva a sollevare questo conflitto dato che la Costituzione non gli attribuisce una funzione generale di tutela del miglior esercizio del diritto di voto da parte dell’intero corpo elettorale». In secondo luogo, via libera al Referendum anche rispetto al ricorso della Regione Basilicata: «La Corte, in linea con la propria giurisprudenza, ha infatti escluso la legittimazione soggettiva degli enti territoriali, in generale, e della Regione, in particolare, perché non sono potere dello Stato ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione». Il ricorso mosso dal senatore De Falco viene annullato perché la Corte Costituzionale con relatore Niccolò Zanon ha ritenuto che «esponesse, in modo confuso e incoerente, critiche alla legge elettorale, alla riforma costituzionale, all’accorpamento delle consultazioni, all’utilizzo dei decreti legge e, infine, al procedimento di conversione in legge degli stessi, sovrapponendo argomenti giuridico-costituzionali tra loro ben distinti». Non solo, il senatore De Falco non avrebbe chiarito «quali attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare siano state in concreto lese nel corso di questi procedimenti». Da ultimo, il quarto ricorso di +Europa viene bocciato perché «deriva dal difetto di legittimazione della ricorrente in base alla costante giurisprudenza costituzionale che nega ai partiti politici la natura di potere dello Stato».
OGGI SENTENZA DELLA CONSULTA
Oggi potrebbe essere l’ultimo ostacolo per il Referendum del 20-21 settembre sulla riforma costituzionale del taglio dei parlamentari: si riunisce infatti il Consiglio Straordinario della Corte Costituzionale per emanare sentenza circa i 4 ricorsi (ma in realtà 3 specifiche sul voto) espressi a luglio contro la decisione del Governo di accorpare a fine settembre il voto del Referendum assieme alle Elezioni Regionali di Campania, Liguria, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta, Marche e Veneto oltre alle Suppletive del Parlamento e alcune città chiamate alle Comunali. Oggi di fatto la Consulta decide sull’ammissibilità o meno dei tre ricorsi presentati dal Comitato promotore del referendum (ovvero alcuni deputati e senatori contrari al taglio del numero degli eletti), dalla Regione Basilicata, dal senatore Gregorio De Falco (ex M5s). Ci sarebbe anche il ricorso presentato da Associazione +Europa sul quale la Corte dovrà esprimersi, ma riguarda solo le elezioni Regionali e denuncia come la mancata estensione dell’esonero dalla raccolta firme «sia una violazione del diritto di elettorato attivo e passivo». Secondo quanto filtra da fonti vicine alla Corte Costituzionale e riportate oggi da Repubblica l’orientamento dei giudici guidati dalla Presidente Marta Cartabia sarebbe quello di bocciare i ricorsi e dare così il via libera definitivo al voto del prossimo 20.21 settembre sul Referendum che porterà il Parlamento ad eleggere solo 200 senatori e 400 deputati alla Camera. Il tutto avviene nei giorni caldissimi dove per lo scandalo del Bonus “furbetti” i promotori del No al Referendum accusano il Governo di aver “soffiato” sul vento dell’antipolitica come ulteriore “clava” in favore del taglio del numero dei Parlamentari.
I RICORSI CONTRO IL REFERENDUM: COSA CHIEDONO
Entrando nelle pieghe dei ricorsi, la Regione Basilicata ha sollevato alla Consulta un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato: secondo i tre avvocati che hanno presentato il ricorso (Federico Tedeschini, Giuseppe Gargani e Felice Besostri) si chiede lo stop al referendum per posporlo più avanti perché altrimenti vi sarebbe «lesione grave della rappresentatività parlamentare costituzionalmente riconosciuta alla Regione che verrebbe drasticamente ridotta». In poche parole, spiegano ancora gli avvocati nella lettera giunta alla Corte, «la Regione perderebbe gran parte dei deputati e soprattutto dei sette senatori che sono garantiti dalla Costituzione. Una Regione del sud laboriosa come la Basilicata sarebbe ferita e avvilita nella sua rappresentanza a beneficio di Regioni del nord come il Trentino Alto Adige». A livello numerico, secondo la Regione del Sud, la perdita di rappresentanza per la Basilicata e l’Umbria sarebbe fino al 57%, per le altre Regioni del 42% e per il Trentino solo del 14%. Secondo quanto però riportato dai media negli scorsi giorni, la Consulta potrebbe già bocciare questo ricorso perché di fatto ancora non è entrata in vigore la legge elettorale con il nuovo assetto che si porrà dopo il voto di settembre. Gli altri due ricorsi invece – Comitato per il No e Gregorio De Falco – il problema riguarda lo strumento dell’election day: l’abbinamento tra referendum ed elezioni locali viene considerato dai ricorsisti «grave e senza precedenti». Come ha spiegato a Repubblica il deputato di Forza Italia Simone Baldelli, «l’abbinamento è illegittimo perché turba lo svolgimento sereno e corretto della campagna referendaria, che ha per oggetto una modifica di rango costituzionale, schiacciandola in un clima di scontro elettorale tra partiti e coalizioni, in cui viene meno il diritto del cittadino a conoscere per deliberare». Si unisce un voto “partitico” ad un voto “di opinione” con in più l’asimmetria territoriale partitoriata dal fatto che in 7 Regioni si andrà al voto per le Regionali con affluenza decisamente maggiore a quella delle restanti 13 Regioni d’Italia. De Falco infine aggiunge nel suo ricorso il fatto che il Referendum per Costituzione deve essere fatto con voto in un’unica data e non due come previsto dal Governo, che al momento non ha modificato la norma specifica. La parola alla Consulta che dovrà decidere due strade molto nette: o boccia i ricorsi e allora si vota il 20-21 settembre, oppure se anche solo ne accogliesse uno giudicandolo ammissibile allora – per mancanza di tempo – si dovrebbe per forza rinviare il voto del Referendum posponendolo più avanti, mantenendo invece l’election day per Regionali, Comunali e Suppletive.