Referendum, gli otto referendum al vaglio della Consulta
Oggi alla Corte costituzionale approderanno gli otto referendum sulla cui ammissibilità la Consulta dovrà pronunciarsi: sei sono sulla giustizia, uno sull’eutanasia attiva, “omicidio del consenziente”, e uno sulla cannabis legale. Ognuno di essi riveste, per motivi diversi, una grande importanza per l’opinione pubblica, proprio perché riguarda aspetti molto concreti della vita quotidiana di tutti.
La giustizia è attualmente al centro del dibattito politico e la riforma Cartabia non sembra soddisfare né avvocati, né magistrati, ma neppure i cittadini che in questi anni ne hanno esperienza.
Ma è sull’ammissibilità del referendum sull’eutanasia e su quello sull’uso delle droghe che l’attenzione di tutti noi è particolarmente concentrata. Giuliano Amato nei giorni scorsi ha detto: “Dobbiamo impegnarci al massimo per consentire, il più possibile, il voto popolare” e ha aggiunto: “È banale dirlo, ma i referendum sono una cosa molto seria e perciò bisogna evitare di cercare ad ogni costo il pelo nell’uovo per buttarli nel cestino”. Noi non cerchiamo il pelo nell’uovo, ma ai due referendum, quello sul diritto a morire e sul diritto ad assumere liberamente droghe, siamo profondamente contrari.
Non sembra proprio che il referendum sia il mezzo più appropriato per decidere se l’omicidio di una persona, indubbiamente fragile, sia fisicamente che emotivamente, anche se consenziente, possa essere facilmente depenalizzato. Troppe le circostanze che possono trasformare quella che sembra una libera scelta in un condizionamento sottile e perverso. Così come è fin troppo facile immaginare quale feroce campagna di marketing si scatenerebbe se ci fosse una libera vendita di droghe, anche se il governo ne assumesse il monopolio, come ha fatto per il tabacco e per lo stesso gioco d’azzardo. È proprio il gioco d’azzardo che ci insegna come, una volta legalizzato, si sia immediatamente creato un mercato parallelo che ne ha raddoppiato la diffusione, creando la falsa sensazione che, poiché è autorizzato, allora non fa male. Su questi due ultimi referendum vale la pena soffermarsi, sia pure per pochi minuti.
Referendum, legalizzazione della cannabis
L’uso di sostanze in età evolutiva è una delle sfide più importanti da sempre per chi si occupa di cura delle dipendenze patologiche. Negli ultimi anni, complice il consumo sempre più prematuro, particolare attenzione è stata rivolta all’età adolescenziale. Numerosi studi hanno evidenziato la necessità di attivare interventi di diagnosi precoci (early detection), in modo da ridurre i tempi di latenza tra l’inizio dell’uso, inizialmente sempre occasionale, e il primo contatto con i servizi di cura (in media 5,5 anni). In genere è questo il tempo che passa dalla inizializzazione alla consapevolezza che non si riesce più a prescindere dall’uso della droga.
Occorre intervenire subito, senza banalizzare la fase iniziale dell’approccio sporadico, per lo più legato a momenti ludici come le feste o gli incontri del sabato sera. Solo così si riesce a interrompere quanto prima un’eventuale progressione verso forme di maggiore dipendenza, per attivare interventi terapeutici specifici, riducendo non solo il rischio di morte per overdose, ma anche la facilità a contrarre e trasmettere infezioni correlate all’uso di droga.
I dati attuali collocano l’inizio dell’uso di droghe mediamente al 13esimo anno di età: quando i ragazzi e le ragazze sono ancora alla scuola media e cominciano a godere delle prime occasioni di libertà e autonomia. Gli interventi di prevenzione e cura dopo i 15 anni, se e quando l’uso della sostanza dura già da qualche anno, si dimostrano tardivi e molto meno efficaci. È facile imbattersi in fatti di cronaca in cui gli incidenti sono legati all’uso di droghe, oppure la violenza, lo stupro, sono strettamente collegati all’uso di droghe, non sempre assunte liberamente.
Ciononostante sono molte le associazioni che si sono fatte promotrici di questo referendum, da Meglio Legale a Forum Droghe, da Antigone all’associazione Luca Coscioni. Tra i partiti che hanno spinto in favore ci sono +Europa, Possibile, Radicali, Sinistra Italiana, Potere al Popolo, Rifondazione comunista, Europa Verde.
Il quesito andrebbe a modificare il Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, per quanto riguarda sia la rilevanza penale che le sanzioni amministrative. Viene proposta la depenalizzazione della coltivazione e l’eliminazione del carcere per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis, tranne per l’associazione finalizzata al traffico illecito. In pratica, la coltivazione della cannabis sarebbe depenalizzata se avviene per uso personale o semplicemente ludico, ma non se fosse destinata alla vendita e allo spaccio. Invece sul piano amministrativo si propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, attualmente prevista per tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa. Eliminando la sanzione che riguarda la sospensione della patente di guida, ad esempio, verrebbe meno uno dei fattori che limitano l’uso della droga, anche perché rendono evidente il rapporto tra droga e possibilità di creare incidenti, con tutte le conseguenze che è facile immaginare.
Referendum, omicidio del consenziente
Anche questo referendum è stato promosso dall’associazione Luca Coscioni, con il supporto di altre associazioni e anche alcuni partiti (+Europa, Possibile, Radicali italiani e Sinistra Italiana). Le firme sono state raccolte chiedendo ai firmatari cosa pensassero del diritto a morire dignitosamente di una persona affetta da gravi dolori, priva di autonomia, perfettamente consapevole delle conseguenze della sua decisione. Determinata a vivere il diritto all’autodeterminazione fino alla decisione estrema, quella senza via di ritorno: la propria morte.
I giuristi hanno prontamente ridefinito questo referendum come il referendum sull’“omicidio del consenziente”, proprio perché si propone di abrogare una parte dell’articolo 579 del Codice penale, che punisce l’omicidio di una persona consenziente. Di fatto, in questo modo, sarebbe permessa l’eutanasia attiva, ora illegale in Italia. Il medico potrebbe somministrare il farmaco al paziente che ha scelto l’eutanasia, senza temere di incorrere in sanzioni di tipo penale.
In realtà, l’esperienza olandese, in cui la legge è in vigore da circa 20 anni, ci dice come progressivamente la platea a cui questa norma è stata applicata si è fatta sempre più vasta, mentre le garanzie si sono progressivamente assottigliate. È facile trovare tra le persone “vittime” di questa norma pazienti con Alzheimer, depressi e minori: tutte categorie di cui è lecito dubitare della piena consapevolezza e per le quali non sempre sussistono quei dolori così gravi da non poter essere contenuti farmacologicamente.
In entrambi questi due referendum si fa molta demagogia sulla presunta libertà con cui un paziente potrebbe disporre della sua vita, sia ponendovi fine bruscamente con un farmaco, sia facendolo progressivamente con una lunga assunzione di droghe. Ci si dimentica del forte potere condizionante delle emozioni, soprattutto di quelle che rientrano tra le passioni tristi, che tolgono al soggetto la serenità di valutare oggettivamente una situazione e decidere di conseguenza.
La nostra è una proposta fortemente alternativa; investe sulla prevenzione e sulla formazione per quanto riguarda le droghe e sulla gestione mirata del rischio suicidario, con interventi di alta professionalità e di altrettanto alta umanità. Volti a restituire dignità e significato alla vita, anche quando sembra molto difficile da affrontare e da vivere.
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