LA CONSULTA “STANGA” LA REGIONE MOLISE PER LA LEGGE EDILIZIA DEL 2022

La Corte Costituzionale dà ragione al Governo Draghi che aveva impugnato una legge edilizia di Regione Molise dell’agosto 2022: nella sentenza del 5 giugno 2023, scrive il comunicato della Consulta, tale legge regionale viene definita «irrimediabilmente oscure» in quanto «determinano una intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta». Secondo i giudici della Corte, leggi del genere sono in contrasto con il «principio di ragionevolezza fondato sull’articolo 3 della Costituzione».



Lo ha spiegato nel dettaglio la sentenza n.110 pubblicata ieri con relatore il giudice Francesco Viganò, con la quale la legge dell’agosto 2022 di Regione Molise viene confermata “da impugnare” perché di fatto anticostituzionale. La Consulta accoglie così il ricorso del Governo in merito alla legge regionale del Molise – governata dalla giunta di Centrodestra del Presidente Donato Toma – considerata «costituzionalmente illegittima» in materia «edilizia». La Corte ha sottolineato che anche in altri ordinamenti a noi affini, come la Francia e la Germania, leggi radicalmente oscure sono da tempo considerate costituzionalmente illegittime, in quanto «in contrasto con gli standard minimi di legalità propri di uno Stato di diritto».



PERCHÈ LA CORTE COSTITUZIONALE CONSIDERA “RADICALMENTE OSCURA” LA LEGGE DEL MOLISE

Nel comunicato pubblicato dalla Consulta si spiega nel dettaglio il perché la Corte Costituzionale considera «radicalmente oscura» la legge del Molise: la norma in questione, innanzitutto, stabiliva l’ammissibilità di non meglio precisati “interventi” all’interno di “fasce di rispetto” contenute nelle “aree di piano”, questo senza precisare però «a quali piani facesse riferimento». «L’ammissibilità di tali interventi, d’altra parte, era prevista “previa V.A. per il tematismo che ha prodotto la fascia di rispetto”: espressione giudicata incomprensibile dalla Corte, anche a fronte della circostanza che la Regione aveva assegnato all’acronimo “V.A.” due significati diversi (“valutazione ambientale” e “verifica di ammissibilità”) nelle proprie stesse difese», rileva la Consulta.



La disposizione di Regione Molise non si inseriva, secondo i giudici della Corte, in alcuna legge preesistente restando così “sospesa nel vuoto”: questo rendeva impossibile lo stesso tentativo di interpretare i suoi requisiti alla luce del contesto normativo di riferimento. Dopo aver richiamato le proprie precedenti sentenze in materia di sufficiente precisione delle norme penali e delle leggi che impongono limiti ai diritti fondamentali della persona, la Corte ha osservato che «anche rispetto alle disposizioni che regolano la generalità dei rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini “ciascun consociato ha un’ovvia aspettativa a che la legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente affidabile, i limiti entro i quali i suoi diritti e interessi legittimi potranno trovare tutela”». Alla luce di tutti questi criteri, la sentenza della Corte ha concluso nel senso della illegittimità costituzionale della legge regionale impugnata, «che non era in grado di fornire “alcun affidabile criterio guida alla pubblica amministrazione nella valutazione se assentire o meno un dato intervento richiesto dal privato”».