È passato quasi in sordina sui commenti politici, ma negli scorsi giorni la sentenza della Corte Costituzionale sula prescrizione («la sospensione per Covid non viola il principio di legalità») ha visto un relatore finale diverso da quello scelto inizialmente dalla Consulta: questo perché il giudice costituzionale Nicolò Zanon ha deciso di non firmare la sentenza in quanto non concorde con quanto stabilito dalla maggioranza della Corte Costituzionale.
Ieri al Manifesto è lo stesso Zanon a spiegare non solo i motivi della sua scelta ma anche l’iter tutto particolare della Consulta in casi – molto rari – di dissenso: «avevo una tesi diversa rispetto alla maggioranza dei colleghi. Non svelo nulla di segreto, questa è l’unica ipotesi in cui il dissenso del giudice risulta dalla lettura della sentenza, c’è scritto infatti che il relatore è stato “sostituito” per la redazione. Quello che non si sa, perché resta nel segreto della camera di consiglio, è se altri giudici, e quanti, erano in dissenso come lui». Il racconto, raro e anomalo per quanto riguarda proprio i meccanismi di funzionamento della Consulta, è dettagliato anche nei motivi di un possibile dissenso: «È un caso estremo, tante volte succede di redigere pronunce che hanno un dispositivo diverso da quello che si immaginava all’inizio, ma che magari, discutendo con i colleghi, si impone come soluzione migliore».
LA CENTRALITÀ DEL PARLAMENTO
Il tema richiamato più volte da Nicolò Zanon al “Manifesto” è quello della “opinione dissenziente”, in linguaggio giuridico di fatto il dissenso liberamente espresso da uno o più giudici della Corte Costituzionale di un Paese. Secondo il giudice relatore della sentenza Italicum, in Italia l’opinione dissenziente vera ancora manca: «quella che c’è oggi è una forma di dissenso che definirei autoreferenziale e introversa. Si è affermata in via di prassi: si può sapere che c’è stato un dissenso nel collegio ma non se ne conoscono le ragioni. A mio avviso è una soluzione largamente insufficiente». Per Zanon sarebbe una vera innovazione e necessità l’approdo dell’opinione dissenziente anche nel nostro Paese: «io credo che l’opinione pubblica interessata abbia raggiunto un grado di maturità sufficiente per comprendere che le decisioni sulla costituzionalità di una legge non sono un’operazione matematica. Sono al contrario il risultato di un’interpretazione che può dipendere da prospettive culturali e concezioni diverse del diritto e dell’intervento della Corte. Forse si potrebbe accettare senza drammi l’esistenza opinioni diverse anche sulla Costituzione, malgrado debba esserci una decisione».
Il rischio di forti polemiche mediatiche ci sarebbe, ma ne guadagnerebbe in libertà di espressione e di dissenso all’interno di un organo fondamentale per la vita pubblica del nostro Paese; da ultimo, in merito però ai tanti appelli-ricorsi fatti dalla politica verso la Corte Consulta, Zanon lancia un monito e un appello «Mi permetto di dire che anziché ricorrere all’aiuto esterno di istanze giurisdizionali o para giurisdizionali, il parlamento dovrebbe avere uno scatto di orgoglio al suo interno e difendere il suo ruolo e la sua centralità con la propria autorevolezza. Sarebbe la strada migliore, senza la necessità di immaginare chissà quali riforme».