Doveva essere una crisi pilotata, rapida e veloce, con un passaggio al Quirinale che avrebbe sistemato tutto in 24 o in 48 ore, con uno dei classici “rimpasti” anche se erano un oscuro retaggio della prima repubblica. Questa era la previsione degli acutissimi (si fa per dire) analisti che popolano oggi gli ex grandi quotidiani e i famosi e squinternati talk-show televisivi, quelli che non raggiungono neppure la metà dello share di “Striscia la notizia”.



Bastava guardare la faccia dei suddetti analisti quando alle sette di sera di venerdì 29 gennaio 2021, un gelido e irritato Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica, diceva sinteticamente che siamo di fronte a una triplice crisi: sanitaria, sociale ed economica. E ha aggiunto che occorre un governo forte, con una maggioranza solida. Che ovviamente al momento non c’è o non si vede.



La prima considerazione è che quindi il cosiddetto Conte 2 non è un governo adatto e non ha i numeri di una maggioranza vera, che è invece molto ballerina. Del resto bastava vedere quello che è successo in questi giorni per vedere che cosa si è messo in atto per conquistare un voto al Senato. Una sorta di mercato indecoroso. Ma tutti chiudevano gli occhi.

Quindi, ecco la sorpresa: mentre gli “analisti del menga” si aspettavano un reincarico al famoso giurista pugliese, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Mattarella convocava e incaricava in mezz’ora il presidente della Camera, uno dei famosi leader del “partito del vaffa”, Roberto Fico, per verificare se era possibile ripartire dalla maggioranza del governo dimissionario per fare un nuovo governo. Fico è uno dei “vaffa” di sinistra secondo la nuova geografia politica italiana.



Dunque, il blitz, lo strappo-lampo che si era aperto ufficialmente lunedì e doveva essere prontamente ricucito, avrà una prima verifica provvisoria martedì 2 febbraio. Solo una verifica, perché Fico dovrà appunto vedere se all’interno della maggioranza del “precedente governo”, ormai, c’è la possibilità di un programma comune e, in sostanza, se si può far pace tra il noto giurista pugliese e Matteo Renzi, quello che il compianto Emanuele Macaluso definiva “un avventuriero”. Inoltre se c’è sempre qualche altro volenteroso o “responsabile”.

Di fronte a questo risultato si può solo dire, una volta per tutte, che la cosiddetta seconda, seconda e mezzo o terza repubblica è crollata, fallita fragorosamente, per la sua incompetenza, per i suoi assurdi personalismi, per la sua incapacità politica, sfociata in una volgare rissa da bar di periferia. Raccogliamo i frutti di quello che è avvenuto nel 1992.

In realtà i raffinati analisti (si fa sempre per dire) non avevano valutato che i litigi nel governo duravano da un anno (forse sorvolavano il problema) e hanno sempre nascosto il nodo spinoso della riforma della giustizia, che ci chiede (adesso, ma a ben vedere da sempre) anche l’Unione Europea (bisognerebbe rivolgersi a Palamara per conoscenza) e dopo un anno di rinvii, condito di “stati generali”, “piano Colao”, colorazione intermittenti di regioni, banchi a rotelle per le scuole, battaglie per assicurarsi le mascherine e altre scelte al limite dell’assurdità, tutto è andato a carte e quarantotto.

Attenzione, non è possibile valutare come si potrà uscire da questa crisi, perché i programmi, sia per il Recovery Plan, sia per altri scostamenti di bilancio, al secolo altro debito cattivo, hanno aggravato lo stato di un Parlamento che è nato già in crisi con il risultato delle elezioni del 2018, quando il Movimento del comico arrivò al 33 per cento.

In fondo era il risultato di trent’anni di balle, di bugie grossolane, di un qualunquismo dilagante, alimentato da poteri ben precisi e da connubi solidi tra interessi finanziari e nuova comunicazione, scritta, televisiva e digitale.

Chi si azzardava, come abbiamo modestamente fatto noi, a parlare di crisi di sistema, veniva definito un catastrofista o, al massimo, uno che rimpiangeva la “prima repubblica” travolta dagli scandali. Storia tutta da scrivere e da verificare considerando l’azione delle procure della Repubblica e le dimenticanze o omissioni.

Ci prendiamo, comunque, in questo momento tutta la responsabilità di quello che abbiamo scritto in questi anni, ma ci ha in un certo senso confortato che anche in qualche trasmissione televisiva ci sia chi sostiene che, visti i risultati, la cosiddetta prima repubblica comincia a essere rimpianta sempre di più ed è apparso strano che uomini come Gianfranco Pasquino abbiano detto seccamente che la prima repubblica “aveva fatto dell’Italia la quinta potenza industriale al mondo”.

Oppure stupisce che un uomo come Sabino Cassese, un autentico giurista e costituzionalista di valore, sia ormai diventato il più accanito critico, quasi un ribelle, di questa “nuova” repubblica.

Per rendersi conto di questa crisi di sistema e di questo crollo del nuovismo, occorrerà andare a vedere gli errori compiuti fin dal 1992. Bisognerà capire perché l’Italia non cresce più dal 2006. Quello che spaventa ancora di più è che non si riesca neppure a vedere un futuro. Si dice ad esempio che, anche se si ricomponesse la maggioranza del Conte 2, ci sarebbero ancora  numeri ballerini. Una parte di grillini, tanto per cambiare,  non vogliono neppure pensare a una ricomposizione con Matteo Renzi e pensano addirittura a una scissione.

Ma il crollo e il tracollo di questo sistema, senza politica e partiti veri, arriva da lontano. Il problema principale, per questi nuovi protagonisti della bassa politica italiana, è quello di evitare le elezioni e su questo potrebbero avere anche qualche ragione visti i tempi che corriamo. Ma non ci si può fermare solo a questo, se poi non si è capaci di fare altro. Alla fine, anche nel crollo, si potrebbe scivolare nel peggio, come diceva Leonardo Sciascia, e quindi in un torneo elettorale, dove l’assenteismo toccherà livelli incredibili.

È evidente che non si può ritornare indietro di trent’anni, quando si varò il piano delle privatizzazioni, quando si passò dagli insegnamenti di Lenin a un confuso miscuglio post-comunista con frange cattoliche di sinistra, quando si continuò a fare una battaglia contro la “casta”, quando si accettò la liberalizzazione della finanza a colpi di derivati, di shadow banking e stock options, e si accettò una globalizzazione senza alcuna regola.

I prossimi mesi saranno terribili per l’Italia, perché l’intreccio tra crisi sanitaria, economica e politica come ha detto Mattarella è una sorta di bomba a orologeria. La speranza è che gli italiani arrivino a comprendere tutta la verità che è avvenuta in questi anni e con la consueta grande capacità, che hanno sempre mostrato nei momenti difficili, ricomincino da capo a costruire e a ragionare.