Riprendono i consumi. Niente di sconvolgente, qualche decimale di punto (più 0,4% a marzo rispetto al 2023), ma abbastanza per guardare con un po’ più di serenità verso l’immediato futuro: la diminuzione dell’inflazione (più 1,2% tendenziale a marzo, più 1% rispetto all’anno scorso ad aprile) e quindi dei prezzi favorisce qualche esborso in più da parte della gente comune. In attesa di un calo dei tassi di interesse, che possa aumentare la disponibilità dei consumatori, quello che bisogna fare per sostenere il commercio al dettaglio, il settore che più risente della debolezza del momento economico, è evitare una concorrenza sleale da parte dell’online. Tocca alla Ue, spiega Augusto Patrignani, presidente di Confcommercio della provincia di Forlì-Cesena, creare condizioni di parità tra il commercio via web e quello dei negozi, intervenendo su una tassazione che al momento è tutta a svantaggio dei piccoli esercizi commerciali. Se si vuole creare un contesto per sostenere sempre i consumi, però, bisogna ridurre le tasse per le imprese e il cuneo fiscale dei lavoratori. E scongiurare i pericoli di guerre: quelle attuali non favoriscono certo lo sviluppo e gli investimenti delle aziende.
I consumi sono in ripresa? Oltre che i dati generali, lo conferma anche l’osservazione “sul campo” delle dinamiche commerciali?
La tendenza è confermata anche dal nostro osservatorio, legato al territorio. I consumi crescono lentamente, ma crescono, anche se non mancano le preoccupazioni, soprattutto legate all’incertezza a livello geopolitico. Le guerre in corso possono portare a sconvolgimenti importanti, di cui risente un po’ tutta l’economia, soprattutto per il clima che si crea. Speriamo almeno che non ci sia un’escalation.
I numeri dicono che aumenta la spesa per l’alimentazione domestica (più 1,6%) ma non quella per scarpe e abbigliamento (meno 0,2%) e per i mobili (meno 0,8%). Si punta sull’essenziale, sul bisogno primario?
Sì. Questo va bene perché i consumi valgono un 60% del Pil. L’inflazione adesso è tornata a livelli accettabili, è sotto controllo. Quello che pesa ancora sono i tassi di interesse: una piccola flessione c’è anche stata, ma avremmo bisogno di una manovra dell’Europa per riportare i tassi a una giusta dimensione. Così rimarrebbero più soldi in tasca agli italiani: più o meno i mutui ce li abbiamo tutti.
Il tema dei tassi di interesse influisce anche sulle imprese?
Le imprese risentono in particolare dell’incertezza dovuta alla situazione mondiale, quelle che avrebbero voglia di investire sono frenate da questo contesto di guerre, ma anche dai tassi.
Confcommercio segnala come settori trainanti i servizi (più 2,7% nel confronto annuo) e il turismo, in particolare quello degli stranieri (più 12,3%). Sono effettivamente questi i comparti che hanno migliori performance? E quali sono invece le attività che sono più in difficoltà?
Questi sono i settori trainanti. Il turismo in Italia è una leva importante, l’aumento degli stranieri è un elemento positivo per il nostro Paese. In difficoltà sono abbigliamento, calzaturiero, che soffrono da anni. Soprattutto se parliamo di negozi di vicinato, nei centri storici, che subiscono la concorrenza dell’online.
Il momento negativo dei negozi di vicinato continua da tempo. Cosa potrebbe cambiare la situazione?
L’Unione europea deve far pagare le tasse alle attività online come ai negozi di vicinato, che oggi devono sborsare molto di più. Bisogna mettere mano alla fiscalità per fare in modo che i grandi player che ci sono oggi nel mercato del web paghino le tasse alla stessa stregua dei negozi. Corrispondono molto meno perché il web è organizzato a livello internazionale, europeo e ognuno ha la sede in contesti in cui la tassazione è bassa, il che riconosce sempre un vantaggio in termini di competitività. Per questo deve metterci mano la Ue, se le tasse non diventano uguali per tutti c’è una concorrenza sleale.
La politica locale non può fare niente da questo punto di vista, bisogna ragionare in termini macroeconomici?
A parte qualche sconto sull’Imu, qualche piccola percentuale, la politica locale può fare poco. Sulla fiscalità deve intervenire lo Stato, che risente, tuttavia, del debito pubblico. È importantissimo procedere con la riforma fiscale, che però deve essere ancora messa in campo: occorre eliminare un po’ di burocrazia. “Pagare tutti per pagare meno” è la strada maestra. Soprattutto pagare meno: ci vuole la tassazione giusta perché un’impresa rimanga sul mercato senza grossi problemi. Intervenendo anche sull’evasione.
Sul versante consumatori cosa bisogna fare?
Mettere mano al cuneo fiscale: anche i lavoratori hanno una tassazione elevata che non permette loro di avere molti soldi in tasca. Il governo ha già fatto qualcosa, si è mosso bene ma bisogna fare di più. Per sostenere i consumi e il commercio al dettaglio non bastano misure contingenti, come la diminuzione dei tassi e dell’inflazione, ci vuole un discorso di sistema: se i tassi e i prezzi diminuiscono aiutano, ma quello che può segnare la svolta è la riduzione delle tasse alle imprese e del cuneo fiscale.
(Paolo Rossetti)
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