Il 2020 rappresenta l’anno zero per il comparto brassicolo. In dodici mesi il settore della birra è tornato indietro al 2016. A dirlo è il 5° Rapporto “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, realizzato da Althesys per l’Osservatorio Birra, promosso da Heineken.
Lo studio evidenzia, infatti, come lo scorso anno abbia portato una vera e propria “gelata” sul settore, facendo segnare una flessione del 15% del valore condiviso, ovvero del parametro costruito considerando gli effetti diretti delle attività dell’industria birraria italiana e quelli indiretti e indotti. E ancora, in dodici mesi la birra ha registrato una flessione dell’8% della produzione e del 9,6% dell’occupazione. Il che equivale a dire che il comparto ha perso quasi 1,4 miliardi di euro e circa 15mila posti di lavoro (14.634) lungo l’intera filiera, soprattutto nell’Ho.Re.Ca, ovvero nel canale dei consumi fuori casa.
Una flessione decisa e preoccupante, quindi, che sembra però avere iniziato a invertire la rotta: i primi sei mesi del 2021 – rileva sempre l’indagine – fanno segnare infatti una ripresa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma, va detto, che la ripresa non è sufficiente a colmare il crollo accumulato tra gennaio e giugno 2020. I numeri – ribadisce lo studio – parlano chiaro: nell’anno in corso sono sì stati recuperati 635 milioni di euro, ma, se si allarga il confronto con il primo semestre 2019, mancano ancora all’appello ben 249,2 milioni di euro. E continuando con questi ritmi si stima che a fine anno si conterà ancora un deficit di 553 milioni rispetto a due anni fa.
A segnare il passo è stato, ed è, soprattutto il fuori casa. L’universo di bar pub, ristoranti e pizzerie, che rappresenta il canale dove il settore della birra genera, da sempre, più valore condiviso (4.385 milioni di euro) – nota la ricerca – è anche quello dove si concentra la quasi totalità delle perdite realizzate per effetto dello stop imposto dal Covid (-1.639 milioni di euro).
In questo difficile anno e mezzo – conclude la survey – non è però venuta meno la voglia di birra degli italiani: lo testimonia l’aumento degli acquisti di birra nei supermercati e ipermercati, il cui valore condiviso è passato da 1.364 milioni a 1.877, segnando un +38%. Le nuove occasioni di consumo domestiche sembrano insomma avere aperto alla birra una dimensione inedita, che va oltre l’isolamento forzato e le chiusure dei luoghi del fuori casa dei mesi scorsi.
“Il fuori casa – afferma Guendalina Graffigna, professoressa ordinaria di psicologia dei consumi e della salute e membro del Comitato Scientifico di Fondazione Birra Moretti -, resta un luogo chiave del tempo condiviso e infatti lo stiamo riconquistando, ma in questi mesi la dimensione domestica si è evoluta da ‘nido’ a luogo centrale delle nostre vite. Usciamo di meno rispetto al passato per tanti motivi: lavoriamo da casa, ci sentiamo ancora poco sicuri a riprendere le vecchie abitudini, abbiamo meno potere d’acquisto… In generale abbiamo scoperto che certe esperienze che prima della pandemia collocavamo istintivamente ‘out’, possono essere vissute anche ‘in’, con la stessa soddisfazione e quel pizzico di sicurezza in più. E così, il confine tra ‘in casa’ e ‘fuori casa’ è diventato fluido per aspirazioni, desideri e anche per un gesto quotidiano come una birra in compagnia. Una volta ‘andavamo a prenderci una birra’, oggi ‘ci prendiamo una birra’. L’esperienza resta e trascende il luogo dove avviene. A patto di farlo in compagnia: in Italia non beviamo una birra solo per berla, ma per farlo insieme. Questa bevanda si inserisce perfettamente nel contesto di assaggio e consumo a pasto tipicamente mediterraneo che ci differenzia dagli eccessi del Nordeuropa”.
Una prospettiva incoraggiante, dunque, anche perché va considerato che quello brassicolo continua a essere un comparto strategico per l’Italia alimentare: gli 8,1 miliardi di euro di valore condiviso creati da questa industria nel 2020 corrispondono a mezzo punto percentuale (0,49%) del nostro Pil e al 60% del valore alla produzione del settore delle bevande alcoliche. La birra, dunque, può e deve essere motore della ripresa del Paese. E questo anche perché non porta ricchezza solo a chi la produce: ogni euro di birra venduta infatti ne genera 5,4 lungo l’intera filiera.
Un patrimonio, pertanto, da salvaguardare. E che in realtà mostra di avere le carte in regola per affrontare anche le acque agitate di questa difficile fase pandemica. “Il mercato italiano – commenta suo Wietse Mutters, AD di Heineken Italia – è unico perché giovane e aperto alle novità e alle sperimentazioni. Accanto al ritorno graduale ai luoghi della socialità, che rimane essenziale per il nostro mondo, la crescita del consumo di birra a casa apre ulteriori prospettive e potenzialità, che stiamo osservando con interesse e su cui stiamo già lavorando. L’Italia è un vero e proprio laboratorio che ci stimola a innovare e a puntare sulla qualità”.
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