Il Movimento 5 Stelle ha dato il suo appoggio alla riforma della giustizia dopo alcune modifiche, ma le grane per Giuseppe Conte non sono finite. Il leader in pectore deve fare i conti con un pezzo di Movimento in subbuglio. Tredici deputati si sono ribellati all’intesa sul testo Cartabia, con due voti contrari, un astenuto e dieci assenti senza attenuanti. I due no sono arrivati da Giovanni Vianello e Luca Frusone, destinati all’espulsione…



Intervenuto ai microfoni del Corriere, Vianello ha sottolineato che dignità e rispetto per la parola data non sono barattabili: «non ci sono più le condizioni per stare in questo governo: stanno smontando tutti nostri successi e sarà impossibile vigilare sul Pnrr». Ma non solo. Con il testo Cartabia «c’è il rischio di impunità per i reati ambientali ed è inaccettabile proprio nel momento in cui parliamo di transizione ecologica. Oltretutto il problema della tagliola ai processi si pone anche nei confronti dei reati contro la pubblica amministrazione, che spesso vanno a braccetto con quelli ambientali».



“Conte confonde autorevolezza con autoritarismo”

Il Corriere rende nota la delusione di Giuseppe Conte sulle defezioni in aula, senza dimenticare i no alla riforma: per l’ex premier i dissidenti si sono sottratti alle proprie responsabilità, criticità rilevante considerando il coinvolgimento nei momenti decisionali. Parte del Movimento è dalla sua parte – «Speriamo che quelli che ora si assentano non assumendosi la responsabilità abbiano poi la decenza di assentarsi anche nel momento delle liste per prossime candidature in Parlamento di modo da lasciare spazio a chi lavora per il M5S e non per i propri individualismi» – ma c’è anche chi non risparmia critiche: «Ha confuso l’autorevolezza con l’autoritarismo». Riferimento legato all’attacco che Conte ha riservato ad Alessandro Melicchio, finito nel mirino per aver votato con l’opposizione…

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