Ormai in tema di pandemia e isolamento da Coronavirus è scontro aperto tra Governo e Regioni, almeno quelle del Nord. Il Messaggero ha tracciato il punto della situazione tra indiscrezioni, voci di corridoio, parole dall’entourage di Giuseppe Conte e possibilità di operare per vie legali. Per capire quale sia il punto focale bisogna tornare alla sera di domenica 26 aprile, quando è stato emesso il nuovo DPCM: riguardava la Fase 2 e avrebbe dovuto portare all’allentamento di alcune misure restrittive, quello che si aspettavano in tanti. In realtà, questo non è successo: le aziende restano chiuse, le scuole non riapriranno che a settembre (almeno) e la cosa è stata quasi “venduta” come un successo, di ristorazione in loco non si parla fino a giugno. La relazione presentata dagli scienziati e i tecnici afferma che l’indice R0 è inferiore a 1, ma “alla giornata odierna persistono nuovi casi di infezione in tutto il contesto nazionale che stanno ad indicare la necessità di mantenere elevata l’attenzione”.



CONTE VS FONTANA, ULTIMO DPCM DOVEVA ESSERE DIVERSO?

Apriti cielo dunque: il decreto governativo non è stato preso affatto bene, c’è chi teme che davvero Conte e il Consiglio dei Ministri abbiano intenzione di mantenere il lockdown finchè non sarà disponibile un vaccino e, di certo, nella relazione che oggi i ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia presenteranno all’Istituto Superiore di Sanità parla ancora di grande prudenza, la strada che il nostro premier sta continuando a percorrere. Eppure, alcune indiscrezioni che filtrano dall’ambiente governativo indicherebbero che in quella fatidica domenica sera Conte avrebbe davvero voluto allentare parte della morsa restrittiva da Coronavirus. Quindi, perché si è deciso di procedere in altro modo? La risposta sarebbe da ricercarsi nella volontà di evitare lo scontro aperto con le Regioni del Nord Italia: in particolare Lombardia, Veneto e Piemonte. “Siamo davanti a operazioni irresponsabili” fanno sapere dal Governo, che ha anche ribadito come l’apertura di attività senza la copertura del DPCM andrà incontro ad azioni anche penali, civili ed economiche.



Ecco allora il punto: Giuseppe Conte, d’accordo con i suoi ministri, avrebbe voluto allentare la morsa del lockdown ma, per farlo, avrebbe chiesto che Lombardia e Piemonte – dove i numeri della pandemia sono meno rassicuranti che in altre Regioni – mantenessero le loro norme più rigidi. Attilio Fontana, Governatore lombardo, ha rifiutato la proposta e così il DPCM è quello che conosciamo. Adesso, Conte potrebbe impugnare le ordinanze contro le regioni che, in linea teorica, possono soltanto decidere di rafforzare le misure restrittive e non mitigarle, andando contro il decreto governativo. Peccato che i tempi, si dice ancora dal Governo, non giochino a favore di questa soluzione che rischierebbe di risultare inutile; tuttavia si sostiene che Fontana e gli altri presidenti regionali del Nord stiano facendo un’operazione di “pura propaganda”, per esempio nell’anticipare con le loro ordinanze misure come il takeaway dai ristoranti. “Era quello che il governo ha deciso di fare dal 4 maggio, loro lo hanno fatto prima per cercare una popolarità effimera”.

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