Il governo Conte raccoglie 156 voti, supera lo scoglio della fiducia al Senato, pur senza raggiungere la maggioranza assoluta, e ha la possibilità di andare avanti, grazie anche all’astensione di 16 senatori di Italia Viva. “Il Governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l’obiettivo è rendere ancora più solida questa maggioranza. L’Italia non ha un minuto da perdere. Subito al lavoro per superare l’emergenza sanitaria e la crisi economica. Priorità a piano vaccini, Recovery Plan e dl ristori”, ha commentato via Twitter il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Ora, però, chiusa la doppia maratona parlamentare, si apre una fase difficile: come si muoverà la nuova, spuria e raccogliticcia, maggioranza? Sarà in grado di reggere le sfide che ha di fronte? Quanto tempo potrà durare questa debolezza e precarietà? “I voti al Senato sono scarsi – osserva Stefano Folli, editorialista di Repubblica – e questo non dà certo uno slancio riformatore. Il Recovery Plan non si traduce solo nel saper gestire le spese in modo clientelare, ma produttivo, e richiede anche riforme di contorno decisive, tali da rendere il paese più moderno. Davvero si può pensare che siamo alla vigilia di una stagione riformatrice? Non mi sembra. Il governo può andare incontro a una sopravvivenza di qualche mese o può essere anche che tra un mese o due collassi”.
Conte ha chiesto “un appoggio limpido, un appoggio trasparente, che si fondi sulla convinta adesione a un progetto politico”. Si intravede qual è?
Il programma di Conte è lui medesimo. Lui pensa a un centro, ipotetico, su cui richiama tutti coloro che possono aver bisogno di una casa politica. I suoi richiami al socialismo, popolarismo, europeismo – cose diverse tra loro che vengono messe insieme in maniera un po’ arbitraria – sono generici, di maniera. Servono solo a nobilitare un progetto di insediamento politico personale, di per sé del tutto legittimo, però è questo il progetto politico, in cui si possono riconoscere un po’ tutti, anche la Polverini, che ha bisogno di una legge elettorale proporzionale. Da qui nasce la sua notevole insistenza su questo tema, che tra l’altro non è neppure competenza del governo, ma del Parlamento.
Conte è partito come Re Travicello fra Di Maio e Salvini nel governo giallo-verde. Nei due giorni di crisi che nuova “immagine politica” ha dato di sé?
L’immagine di un uomo astuto, che sa navigare anche in spazi ristretti, ha una notevole capacità di adattarsi alle situazioni, anche difficili, e sa ricavarne il massimo vantaggio. Non ha una strategia che non sia la sua sopravvivenza personale. Non è un giudizio negativo, è un fatto sotto gli occhi. Non aveva una storia politica alle spalle, si è appoggiato ai Cinquestelle con abilità, ma con la stessa tranquillità avrebbe potuto appoggiarsi a un altro partito. Non mi sembra un uomo di forti convincimenti, lo conferma la storia di questi due anni e mezzo.
Superata la crisi, seppure con numeri risicati, da oggi si apre una nuova fase. Quanto si allunga la vita del governo? L’obiettivo è arrivare al semestre bianco in vista delle elezioni per il Quirinale?
L’obiettivo è arrivare all’elezione del presidente della Repubblica. Il semestre bianco, semmai, è un elemento di inciampo.
Perché?
Togliendo di mezzo l’ipotesi delle elezioni anticipate, potrebbe favorire soluzioni diverse. A Conte e a chi lo spalleggia nel Pd il richiamo al patto di legislatura serve per rinsaldare i bulloni, per arrivare almeno fino all’elezione del Capo dello Stato. Ma c’è un non detto: cerchiamo di decidere insieme il prossimo inquilino del Colle. Conte non ha nessuna intenzione di coinvolgere il centrodestra nelle decisioni di fondo, tutto lo stile di governo del premier punta a escludere un allargamento. Quindi tenteranno di gestire anche la partita per il Quirinale sulla base dell’attuale maggioranza di governo, allargata eventualmente ai famosi responsabili.
Ci riusciranno?
È un tentativo non solo velleitario, visto che non hanno i numeri, ma anche politicamente pericoloso, perché non può passare l’idea che il presidente della Repubblica viene scelto da una parte sola. Quanto meno un avvio di discussione larga che comprenda tutte le forze presenti in Parlamento è doveroso e indispensabile. Ma non mi sembra che siamo incamminati su questa strada.
Come andrà avanti ora la maggioranza? Arriverà davvero il patto di legislatura?
Premesso che non credo ai patti di legislatura siglati in queste condizioni, il patto di legislatura rischia di essere un’altra affermazione retorica. Significa solo che Pd, M5s e LeU dicono che vogliono rinsaldarsi e offrono una cooptazione al gruppo sparso dei cosiddetti responsabili. Del resto, il presidente del Consiglio ha avuto molto tempo a disposizione se avesse voluto rafforzare la sua maggioranza, dando maggiore spazio a Renzi quando poneva questioni reali. Il punto cruciale è un altro.
Emergenza sanitaria, crisi economica, Recovery Plan: può un governo raccogliticcio, già incerto e litigioso di suo, affrontare sfide di tale portata?
Il vero punto cruciale è come verrà gestito il Recovery Plan da parte dell’Italia: sarà in grado di dare delle garanzie all’Europa oppure ne farà una specie di super-finanziaria con una serie infinita di spese clientelari che servono soltanto a puntellare il consenso? Questo è il vero nodo, tanto che l’Europa ci sta marcando stretto proprio perché teme che ciò possa accadere, stante il fatto che ci presentiamo alla Ue con una maggioranza indebolita e raccogliticcia, con numeri risicati.
Il Pd ha perso un’occasione per dare un cambio di marcia al governo, appiattendosi invece troppo sul M5s?
Penso proprio di sì. È la linea di Bettini, che ha certo una logica politica, ma per il Pd significa appunto essersi molto appiattito sui Cinquestelle e su Conte. Alcuni dei problemi che Renzi ha evidenziato li poneva nei mesi scorsi anche il Partito democratico, tanto che Renzi sperava di trascinare il Pd sulla sua linea più innovativa e modernizzante. Mi sembra invece che i democratici abbiano scelto una strada diversa: amministrare l’esistente. Vediamo se porterà loro fortuna oppure no.
Renzi andrà all’opposizione?
Renzi non andrà all’opposizione, manterrà questa posizione di astensione che gli dà comunque un certo rilievo. Se avesse votato contro, il governo sarebbe caduto al Senato; con l’astensione invece gli ha permesso di sopravvivere ancora. Credo che Renzi farà discorsi di opposizione, ma non si confonderà con la destra, da cui cercherà di mantenere il necessario distacco.
Con questa astensione si condanna all’irrilevanza politica o può essere pericoloso per il cammino di questo governo?
Renzi esce da questa vicenda non certo rafforzato, però anche se fosse rimasto nel governo con le sue due ministre le cose per lui sarebbero andate ugualmente male. Il suo spazio si restringeva, non aveva ruolo politico, i consensi non arrivavano. Adesso può pensare di avere una maggior visibilità politica o mediatica. Può essere persino un vantaggio essersi ritagliato questa posizione. Quella di Renzi e di Italia Viva sarà un’astensione pragmatica, con la possibilità quindi di appoggiare certi provvedimenti e non altri.
(Marco Biscella)