Nel suo “Sguardo Selvatico” della domenica, lo scrittore e psicanalista Claudio Risè su “La Verità” mette a nudo un tema poco sottolineato nella vasta crisi sociale, politica ed economica in atto ormai da diversi mesi in Italia: «Il Governo Conte è stato l’esecutivo del carpe-diem, del cogli l’attimo», passato da Lega a Pd e ora ad un possibile terzo mandato nel giro di soli 3 anni, un quasi-record per una Repubblica già nota in tutto il mondo per il record di crisi politiche dalla propria nascita fino ad oggi.



Eppure per Risé il “problema” è ben più che solo politico: il “carpe diem” per il professore «uno degli aspetti più significativi della politica e del costume di oggi (non solo in Italia), pur essendo una tentazione dell’essere umano da sempre. Si tratta del tentativo di ridurre la vita all’immediato presente, cancellando sia l’intero passato, storia compresa, che il futuro, che, però ha in sé dimensioni fondamentali, come per esempio lo sviluppo della persona e della collettività». Cogli l’attimo non sempre porta a un miglioramento, né per sé né per il resto della società: ancora Risé sottolinea «Quella per svilupparsi ha invece bisogno che tu, oltre a prontamente salire sul treno che passa in quel momento (come Conte quando fa un governo), sappia anche dove andare, e perché».



LA CULTURA DEL CARPE DIEM E LA CRISI

L’istante nella mia vita non è determinante”, avrebbe detto Giorgio Gaber fosse vissuto ai tempi di oggi, e lo avrebbe fatto controcorrente alla società invece dominata e schiacciata dall’adesso: «l’istante è tuttavia oggi fortemente appoggiato dalla visione della vita semplificata dal mito della scienza/tecnica/progresso, visti come soluzioni di tutti i nostri problemi, e dalla cancellazione della storia e del passato, la cui conoscenza è ormai considerata inutile, proprio perché il passato sarebbe sorpassato, non più attuale». Risé su “La Verità” insiste sul concetto e lo coglie nella sua essenza più emergenziale: essere dominati dalla tecnoscienza e dall’istante non può che portare a disastri nell’immediato futuro, come avverte il pedagogista e filosofo Duccio Demetrio citato da Risé nel suo lungo “Sguardo Selvatico” domenicale.



«L’attimo anche perché sanno poco e nulla di ciò che è accaduto fino a ieri, e non vogliono fare la fatica di impararlo. Un modo di fare oggi spesso interpretato come segno di animo gentile, come gran parte della New Age che l’aveva abbondantemente adottato»: alla dimensione politicamente corretta dell’istante, Risé e Demetrio propongono il riemergere prepotente della lettura di Dante sul carpe diem di oraziana memoria, «strappare con violenza», così il grande Alighieri recuperava l’antico significato etimologico della massima invece oggi così sdoganata. «Un atto rapace, per di più perpetrato con astuzia e inganno. Come ad esempio il passaggio dal Conte 1 al 2 ha brillantemente dimostrato. È anche per questo che adesso passare al 3 potrebbe non essere facilissimo», conclude lo scrittore proponendo – questa volta in negativo – l’esempio di un altro grande della storia, Lorenzo de’ Medici «chi voler essere lieto si, di doman non c’è certezza…. ecco, il geniale Magnifico è morto a 43 anni. Di gotta, malattia che coglie chi si gode l’attimo un po’ troppo». Come a dire, attenti a cogliere solo l’attimo perché la rovina potrebbe essere dietro l’angolo (e non solo per i politici ma per l’intero Paese).