Archiviazione per Giuseppe Conte e Roberto Speranza nell’inchiesta di Bergamo sulla gestione della prima fase della pandemia Covid. Lo ha deciso il tribunale dei ministri, accogliendo la richiesta della procura di Brescia «perché il fatto non sussiste». «La notizia di reato, per entrambi gli indagati, è totalmente infondata», la conclusione del tribunale in merito alla posizione dell’ex premier e dell’ex ministro della Salute. Erano accusati di omicidio colposo ed epidemia colposa. In particolare, a Conte era contestata la mancata istituzione della zona rossa nella Bergamasca, ad Alzano e Nembro, che per la procura di Bergamo avrebbe dovuto istituire il giorno stesso, «ipotesi irragionevole» invece per i giudici, tutti civilisti. La presidente Maria Rossa Pipponzi nell’ordinanza spiega che lo è «perché non tiene conto della necessità per il Presidente del Consiglio di valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti e incisi dall’istituzione della zona rossa. Ed infatti l’istituzione della zona rossa comporta il sacrificio di diritti costituzionali quali il diritto al lavoro, il diritto di circolazione, il diritto di riunione, l’esercizio del diritto di culto».



I giudici evidenziano che «agli atti manca del tutto la prova che le 57 persone indicate nell’imputazione, che sarebbero decedute per la mancata estensione della zona rossa» ad Alzano e Nembro «rientrino tra le 4.148 morti in eccesso che non ci sarebbero state se fosse stata attivata la zona rossa». Per il tribunale dei ministri non è neppure configurabile il reato di epidemia colposa «in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogenie quindi la responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia».



PERCHÈ CONTE E SPERANZA SONO STATI ARCHIVIATI

Per quanto riguarda, invece, le contestazioni mosse all’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il tribunale dei ministri nelle 29 pagine di archiviazione scrive che «le omissioni e i ritardi descritti dalla nota di trasmissione della Procura di Bergamo riguardano attività amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico – amministrativo, di esclusiva pertinenza del Segretario generale del Ministero della Salute e delle Direzioni generali. Al Ministro della Salute era preclusa qualsiasi ingerenza nello svolgimento di tali attività». I giudici aggiungono che non è stata ipotizzata né è ravvisabile negli atti di indagine «alcuna interferenza del Ministro nell’attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva». Così come non risulta che Speranza «abbia indotto i dirigenti ministeriali a ritardare od omettere le azioni di sorveglianza epidemiologica, di sanità pubblica, di verifica delle dotazioni dei dispositivi medici e delle risorse necessarie a contrastare la diffusione virale nonché a curare i pazienti e, infine, di formazione del personale sanitario». Per quanto concerne invece la contestazione dell’omicidio colposo, essa «si basa (…) su una mera ipotesi teorica sfornita del ben che minimo riscontro». Per i giudici, il microbiologo Andrea Crisanti, consulente della procura di Bergamo, «ha compiuto uno studio teorico ma non è stato in grado di rispondere” sul “nesso di causa tra la mancata zona rossa e i decessi».



I FAMILIARI DELLE VITTIME “VILIPENDIO”

Dopo l’archiviazione, l’ex ministro della Salute Speranza ha espresso la sua soddisfazione per la decisione su Facebook: «Sono molto sollevato da questa decisione. (..) Personalmente ho fatto davvero tutto il possibile in quei giorni terribili per difendere la salute degli italiani. La cosa più difficile di queste settimane è stata spiegare ai miei figli cosa stesse accadendo. Ma ho sempre avuto fiducia nella giustizia e oggi è emersa la verità». Invece, i familiari delle vittime del Covid dell’Associazione #Sereniesempreuniti sono delusi e amareggiati per l’archiviazione del tribunale dei ministri. «Ancora una volta ci è stato negato di poter conoscere la verità sulla morte dei nostri cari e di migliaia di persone che, come emerso dalle risultanze della coraggiosa indagine della Procura di Bergamo, si sarebbero potute salvare. Questa archiviazione è uno schiaffo in faccia a tutti noi e all’Italia intera che si merita un sistema politico e di giustizia più trasparente». Come evidenziato da Repubblica, definiscono l’archiviazione di Conte e Speranza «un vilipendio alla memoria dei nostri familiari, un bavaglio, l’ennesimo in un’Italia corrosa dall’omertà contro cui ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo nelle sedi che ci restano, come quella civile». L’avvocato Consuetò Locati, del team legale dei familiari, ha concluso spiegando che si attendono le motivazioni della decisione.