Il discorso al Senato è il medesimo portato poche ore fa alla Camera, con un passaggio fondamentale per il quale sono state diverse le polemiche in Aula da parte delle opposizioni: nel passaggio centrale dell’informativa il Premier Conte ribadisce che al momento «manca la proposta formale di un quadro finanziario pluriennale da Michel e l’incontro avrà una natura solo consultiva per fare emergere convergenze e dissensi. Prima di un accordo definitivo sarò in Parlamento per chiedere il vostro voto alla luce proposta formale dell’Italia». Ci sarà dunque tra luglio e settembre la votazione tanto sul Recovery Fund quanto sul Mes, seppur non citato direttamente dal Presidente del Consiglio a Palazzo Madama e Montecitorio: «Il Governo è coeso, si lavora insieme uniti soprattutto da una cosa: la fiducia nell’Italia e la speranza che sentiamo riposta in noi dagli italiani: non possiamo deluderli», conclude Conte.



Nel frattempo, dopo gli interventi dei deputati della Lega alla Camera le opposizioni hanno abbandonato il Parlamento per protesta: Francesco Lollobrigida (FdI) la spiega così «La scelta di evitare il voto d’aula con una forzatura assunta dalla Presidenza della Camera, su pressioni della maggioranza, che ha trasformato in informativa le doverose comunicazioni di Conte in previsione dell’importante Consiglio europeo, impone una risposta chiara e decisa. Sono mesi che Conte rappresenta in Europa posizioni a nome dell’Italia senza alcun indirizzo parlamentare previsto esplicitamente dalla Carta costituzionale. Pd, 5stelle e renziani non vanno d’accordo su nulla e preferiscono un’Italia senza una linea politica internazionale al rischio di affrontare le scelte parlamentari».



IL DISCORSO ALLA CAMERA

«Le posizioni degli stati membri sono ancora distanti su più punti nonostante i progressi degli ultimi mesi», ha spiegato nella sua informativa alla Camera sul prossimo Consiglio Ue il Premier Giuseppe Conte, facendo leva sulle disunità ancora presenti su Recovery Fund e in generale sugli aiuti economici da destinare ai Paesi più colpiti dall’emergenza coronavirus. «Quando l’Italia propose un fondo ci accusarono di essere visionari. In queste settimane non stiamo discutendo se tale fondo si farà, è dato per scontato. Stiamo discutendo l’entità e i criteri di allocazione del fondo. Questo è un successo per il nostro Paese che ha insistito e alla fine ha convinto i partner europei che questa era la direzione giusta», continua Conte in Parlamento che rumoreggia dai banchi dell’opposizione, «E’ il momento di agire con spirito di piena coesione anche sul piano nazionale perché questa crisi non rechi all’Italia il doppio danno di vederla perdere la sfida europea della ripresa economica e quella forse ancora più difficile di superare criticità condizionate da logiche particolaristiche e familistiche», aggiunge il Presidente del Consiglio.



Per il Governo la proposta di Next Generation Eu – il piano Von der Leyen sul Recovery Plan – è una buona base di partenza «di cui condivido la logica e lo spirito. Per far ripartire le nostre economie è fondamentale raggiungere l’obiettivo primario di un consenso il prima possibile sull’adozione tempestiva del Recovery Plan. Una decisione tardiva sarebbe già di per sé un fallimento», conclude il Premier Conte alla Camera nel discorso che verrà poi ripetuto a breve anche al Senato prima di recarsi agli Stati generali di oggi pomeriggio.

DOPPIA INFORMATIVA CONTE IN PARLAMENTO

Si preannunciava un’informativa “di fuoco” quella di oggi alla Camera e al Senato per il Premier Giuseppe Conte: il tema è di quelli “caldi”, gli aiuti europei in vista del Consiglio Ue di venerdì prossimo, con annesse discussioni su BEI, SURE ma soprattutto Mes e Recovery Fund. E invece in extremis con il voto di ieri in Senato – e nelle successive calendarizzazioni della conferenza dei capogruppo – si è deciso per una informativa “semplice”: alle ore 9 alla Camera e alle ore 11.30 in Senato – in diretta video streaming nei rispettivi canali YouTube del Parlamento – il Presidente del Consiglio terrà un discorso in vista della riunione del Consiglio Europeo, poi si dirigerà alle 14.30 a Villa Pamphili dove proseguiranno gli incontri nell’ambito degli Stati generali. Due giorni fa era pronta la “trappola” rappresentata dalla mozione Bonino che avrebbe richiesto al Parlamento un voto successivo all’informativa del Premier per dirimere quanto prima il sostegno o meno al Fondo Salva-Stati: l’idea, tesa a fare uscire allo scoperto le parti del Governo che sono favorevoli e contrarie al Mes (Pd-Renzi-parte di LeU contro buona parte del Movimento 5Stelle e qualche radicale di sinistra non convinto dal prestito europeo) e arrivare così ad una decisione univoca.

Ebbene, non avverrà nulla di tutto questo: ieri pomeriggio in Senato la maggioranza con 138 voti contrari alla proposta delle opposizioni di votare oggi dopo l’informativa di Conte ha respinto lo schema che prevedeva intervento del premier e successivo voto con interventi in Aula delle risoluzioni Emma Bonino (Più Europa), Massimiliano Romeo (Lega), Giovanbattista Fazzolari (Fdi), Paolo Romani (Cambiamo!), Anna Maria Bernini (Forza Italia). 119 voti dell’opposizioni contro i 138 della maggioranza hanno così evitato al Governo di uscire allo scoperto e con ogni probabilità “spaccarsi” sull’adesione al Mes

CAOS SUL MES: NO VOTO DOPO INTERVENTO CONTE

«Un voto non necessario in questa fase», spiega Pietro Lorefice, del Movimento 5 Stelle confermando quanto detto ancora lunedì dal Premier Conte agli Stati generali: il Consiglio Ue di venerdì è “informale” e come tale non costringe alcun voto del Parlamento in tal senso, «a luglio invece ci sarà il voto decisivo di Camera e Senato per dare a Conte il mandato sul Mes prima della discussione in Europa». Le opposizioni parlano di «umiliazione» e ulteriore «mortificazione del Parlamento», lamentano Bonino e Romeo con il leghista che ha aggiunto «siamo di fronte all’allarme di rischio di una nuova forma di dittatura». Ancora più duro il leader di Più Europa Benedetto Della Vedova:

«E’ dal 19 febbraio, quindi dall’era pre Covid, che il Parlamento italiano non si esprime con un voto di indirizzo come prevede la legge rispetto ai negoziati in sede di Unione europea e come chiaro a tutti c’è stata una rivoluzione positiva dal nostro punto di vista: il nuovo Mes, la sospensione del patto di stabilità, il recovery fund, l’istituzione di Sure, provvedimenti varati dal consiglio cui il premier Conte ha partecipato senza uno straccio di voto da parte del Parlamento». Per questo motivo, conclude la radicale Bonino, «Il Parlamento europeo invece si è già espresso e l’unico silenziato è il Parlamento italiano. Non si vuole votare per problemi di tenuta interni alla maggioranza».

CONTE “NO FRETTA SUL MES”

Prima delle proteste delle opposizioni in realtà era già stato Conte ad annunciare il “disinnesco” della potenziale “trappola” sul voto post-informativa in Parlamento nella conferenza stampa di due giorni fa: «il mio passaggio di mercoledì non era strettamente obbligato, il Consiglio Ue è informale, ma come sempre passerò alle Camere per informare su quelle che saranno le discussioni in Consiglio Ue. Sul Mes, non ci sono novità rispetto a quanto già dichiarato. C’è una discussione, ognuno fa delle valutazioni, ma noi come governo non abbiamo necessità di attivare il Mes». In merito alla potenziale attivazione tra qualche settimana, conclude il Presidente del Consiglio, «dovremo costantemente aggiornarci sul quadro di finanza pubblica, nella situazione che stiamo attraversando non ci sono certezze, in questo momento l’andamento dell’economia è imprevedibile. Noi faremo costantemente di conto e faremo tutte le valutazioni in Parlamento».

Nel Consiglio Ue di venerdì ci saranno diverse discussioni in merito al piano di Recovery Fund e in generale sull’attivazione e le tempistiche delle varie misure: per questo motivo, ha scritto il Ministro D’Incà ai presidenti di Camera e Senato, «il presidente del Consiglio ha chiesto di tenere una informativa anziché comunicazioni. In conseguenza di ciò, al termine delle informative alla Camera ed al Senato non si dovranno votare risoluzioni, come invece accade nel caso delle comunicazioni».