È un duplice lungo colloquio con il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che viene riportato oggi, dall’Adnkronos prima e da La Stampa dopo: parole importanti e che riflettono la giornata di ieri che potrebbe rivelarsi decisiva (in negativo) per le sorti del Governo giallorosso. Se infatti Conte incassa il sì alla riforma del Mes da portare in Consiglio Europeo (oggi e domani, ndr), è sul Recovery Plan che la maggioranza subisce la frattura importante di Italia Viva e del suo leader Matteo Renzi: l’intervento di ieri dell’ex Premier, seppur in linea con i tanti “penultimatum” lanciati da Renzi in questo Conte-bis, ha fatto rumore e ha posto il punto politico ineludibile. «Se rimane lo schema di governance con i super-manager a gestire il Piano nazionale di resilienza e ripresa, noi ci dimettiamo e non votiamo la Manovra», è l’attacco di Renzi: oggi Conte all’Adn spiega come ci sia stato «un colossale fraintendimento: i responsabili di missione hanno compiti di monitoraggio e non sottraggono poteri, prerogative e competenze ai ministri, ad amministrazioni centrali e periferiche». Secondo il Presidente del Consiglio insomma, la politica «non è mai stata commissariata, non l’abbiamo mai pensato: la norma non è stata compresa o non è stata letta con attenzione».



CONTE: “DECRETO RECOVERY AD HOC, NON IN MANOVRA”

Ma allora quello schema di task force nel Comitato esecutivo (gestito da Conte, Gualtieri e Patuanelli) di cosa si tratta nello specifico? Secondo Conte riguarda solo una clausola di salvaguardia «nell’ipotesi in cui le amministrazioni centrali non potessero intervenire a esercitare poteri sostitutivi, ecco che allora, per garantire la realizzazione di un intervento ed evitare che si sprechino risorse, i responsabili delle missioni possono intervenire, ma con l’autorizzazione del Cdm». In ogni caso, conclude Conte nel colloquio riportato dall’Adnkronos, «torneremo a confrontarci nella sede propria che per il governo è il Consiglio dei ministri e sono certo che troveremo la formula giusta per garantire e assicurare all’Italia e a tutti gli italiani la possibilità di vincere questa scommessa, di spendere in pochi anni 209 miliardi. Lo faremo con questa struttura minima e senza centinaia di commissari». La struttura da 6 manager per vigilare sul Recovery Plan resta però «strettamente necessaria» secondo Conte, il che cozza con la richiesta-ultimatum di Italia Viva e di parte del Pd (seppur in forma più “nascosta”): «Senza una struttura ad hoc, non potremmo nemmeno controllare se si rispettano i tempi, se si è in ritardo». Punto di “cessione” politica invece quando Conte spiega che la governance «andrà in un decreto ad hoc e non in Legge di Bilancio» , dunque «sarà offerta al Parlamento, ché è giusto possa esprimersi».



“RENZI CONTRO? SENZA FIDUCIA NON SI PUÒ ANDARE AVANTI”

Nel merito invece dello scontro durissimo con Renzi ieri in Senato, Conte a La Stampa torna sull’argomento e sibillino afferma «Ovviamente un governo può proseguire nella sua azione solo sulla base della fiducia di ciascuna forza di maggioranza. Se non c’è questa non si può andare avanti, è una banalità. Siamo una repubblica parlamentare. Certo io non mi sottraggo al confronto e al dialogo. Ne avremo quanti ne vorranno i partiti della coalizione. Non mi hanno mai spaventato». In merito all’intervento dell’alleato-rivale centrista, Conte aggiunge «Non voglio entrare nella testa e nelle opinioni altrui. […] Nel testo della norma non c’è scritto da nessuna parte che ci saranno 300 consulenti». Infine, il riferimento alle parole di Zingaretti e Delrio che invitano a sciogliere al più presto tutti i nodi della maggioranza: secondo Conte «Non dobbiamo permettere alla dialettica politica di farci precipitare in sterili discussioni sconnesse dal Paese e dalle sue urgenze e perderci in un un chiassoso interrogarsi tra di noi fine a se stesso».

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