In un breve ma significativo passaggio ieri sera nell’intervista tv a “Otto e Mezzo” il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ammesso che sul Recovery Fund al momento si è in una fase di stallo e ritardo non indifferente: «Il Consiglio europeo di dicembre sarà decisivo per trovare l’accordo sul Recovery fund. C’è un problema, un veto politico di Polonia e Ungheria. L’ostacolo è questo. Ma c’è grande senso di responsabilità e confido che i paesi che hanno posto il veto sullo stato di diritto rivedano la posizione. È giusto che lo facciano perché altrimenti danneggiano le loro stesse economica». E poco più avanti l’ammissione vera e propria, «Lo presenteremo a febbraio, un poco in ritardo. Serve creare una struttura operativa con profilo manageriale con base a Palazzo Chigi e coordinamento con altri ministeri». Insomma, il ritardo c’è e per Conte è imputabile al veto che i Governi di Orban e Duda stanno imponendo davanti alle richieste del Consiglio Europeo e della Commissione Ue. Ma è solo di 4 giorni fa l’assoluta smentita sulla notizia data da Repubblica, che parlava di ritardi sul Recovery Fund anche per la presentazione del piano di rilancio nazionale del nostro Paese. In video collegamento con l’assemblea dell’Anci, il Premier definiva così la notizia sui ritardi del Recovery: «è stata pubblicata con grande evidenza su un quotidiano una fake news: l’Italia in ritardo sul piano di resilienza. Abbiamo verificato e quella notizia non viene neppure da Bruxelles, è stata inventata di sana pianta».



RECOVERY FUND, A CHE PUNTO SIAMO

È stato lo stesso Conte in quell’occasione del 19 novembre scorso a spiegare a che punto siamo messi al momento per la produzione del Piano di Resilienza nazionale: «le linee guida dell’Italia sono state convalidate e condivise anche da un passaggio parlamentare. Lavoriamo già con la commissione, settimanalmente, per la definizione dei progetti». Sono passati 4 giorni e in diretta tv è il Presidente del Consiglio che spiega come il ritardo ci sia, anche se imputato dal veto ungaro-polacco: i Ministri sono compatti nel ribadire l’assoluto non-ritardo italiano nelle carte da iniziare a Bruxelles, ma è un’evidenza che al momento non si abbiano né anticipazioni, né bozze né tantomeno indirizzi su cosa e come l’Italia imposterà il piano di spese poi da finanziare con il “Next Generation Eu” dalla seconda metà del 2021. Le richieste delle Regioni e dei Ministeri, assieme al parallelo impegno sul piano sanitario (vaccini e Dpcm) stanno ponendo forti difficoltà al CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei, coordinato dal ministro Enzo Amendola) e il rischio di ulteriore slittamento del piano è assai concreto. Il capo del Dipartimento Economia e statistica della Banca d’Italia, Eugenio Gaiotti, oggi in audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’allarme lo ha lanciato: «nel 2021 la ripresa sarà verosimilmente più lenta del previsto. È indispensabile affiancare agli interventi emergenziali misure di più ampio respiro per tornare a crescere stabilmente a ritmi sostenuti». È sempre Bankitalia che spiega come il disegno di legge della Manovra prevede la creazione di un apposito fondo «per anticipare alle amministrazioni le risorse provenienti dall’Unione europea, a titolo sia di sovvenzioni sia di prestiti, nell’ambito del programma Next Generation Eu, con una dotazione, in termini di saldo netto da finanziare, pari a 34,8 miliardi nel 2021, 41,3 nel 2022 e 44,6 nel 2023». A spezzare una lancia in favore dell’Italia interviene però la Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen che nell’odierna telefonata al Premier Conte fa sapere «l’Italia è sul binario giusto per la preparazione del piano nazionale».

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