Nei giorni scorsi, con un decreto del ministro leghista allo Sviluppo economico del governo Draghi, Giancarlo Giorgetti, è stata definita la destinazione di 2 miliardi di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione per finanziare ben 101 progetti ulteriori di sviluppo industriale da realizzare per l’80% nel Mezzogiorno e solamente per il 20% nel Centro-Nord.



Ci si propone con queste risorse di rafforzare il ruolo dei contratti di sviluppo nel sostenere gli investimenti delle imprese, con particolare riferimento all’elettrificazione dei processi produttivi e all’utilizzo di idrogeno, che consentano, in questo difficile momento storico, di ridurre le emissioni di CO2 e i consumi di energia.



In particolare, 1,5 miliardi di euro saranno dedicati a finanziare le domande dei contratti di sviluppo già presentate, mentre 500 milioni di euro finanzieranno nuovi, e ulteriori, progetti per il rilancio industriale “green” del paese.

Nel dettaglio si prevede un regime favorevole in materia di aiuti di Stato per i progetti di imprese che, non comportando un aumento della capacità produttiva complessiva, consentano una riduzione sostanziale delle emissioni di gas serra delle attività industriali che attualmente fanno affidamento sui combustibili fossili come fonte di energia o materia prima ovvero a una riduzione sostanziale del consumo di energia nelle attività e nei processi industriali.



Saranno, quindi, agevolati gli investimenti industriali che perseguono uno dei seguenti obiettivi: la riduzione di almeno il 40% delle emissioni dirette di gas a effetto serra, mediante l’elettrificazione dei processi produttivi o l’utilizzo di idrogeno rinnovabile e di idrogeno elettrolitico in sostituzione dei combustibili fossili, oppure la riduzione di almeno il 20% del consumo di energia in relazione alle attività supportate dal ministero.

In questo quadro è importante sottolineare il ricorso allo strumento del contratto di sviluppo che, nelle stanze dei bottoni del Mise, si ritiene abbia la capacità di mettere in moto un percorso virtuoso che veda il moltiplicarsi degli investimenti privati incentivati dalle agevolazioni finanziarie pubbliche.

C’è, insomma, da auspicarsi che gli accordi di sviluppo, anche in futuro, possano rappresentare una strada privilegiata per promuovere la nostra economia e per l’innovazione dell’industria italiana che può, e deve, provare a diventare sempre più competitiva.

La transizione ecologica può, in questa prospettiva, rappresentare una grande opportunità per il rilancio del paese e per creare, possibilmente, nuovi posti di lavoro di qualità nei diversi territori a partire da quelli, storicamente più deboli, del nostro Mezzogiorno.

Sarebbe poi auspicabile che nel futuro governo – probabilmente, secondo i recenti sondaggi, dei “Patrioti” – vi sia, come non sempre accaduto in passato, in ministeri chiave quali lo Sviluppo economico una sostanziale continuità politica e amministrativa, di cui, in questo caso, Giorgetti potrebbe essere il garante.

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